Per fortuna è arrivato Daniel Pennac a spiegarci, in Come un romanzo, che per essere bravi insegnanti non serve essere stati bravi studenti, anzi a volte è vero il contrario. Uno studente che ha provato nella sua carriera scolastica qualche difficoltà sarà più svelto nel comprendere le possibili difficoltà dei suoi alunni. Così per Pennac: pessimo studente, ottimo insegnante e (addirittura!) scrittore di fama.
Posso quindi non provare vergogna se vi parlo della mia bislacca carriera scolastica.
Ho frequentato la scuola materna senza troppi patemi, pare che le maestre si lamentassero della mia lentezza nel fare le cose. Io di quella prima parte della mia vita ricordo solo che ero timida in pubblico, chiacchierona e preda di noie incolmabili in privato.
Un ricordo traumatico degli anni dell'asilo: un giorno ho "morsicato" il petto di una mia compagna e sono finita dalla "diligente", come raccontavo ai parenti. Si trattava di una storia di posti per giocare nella casetta, la compagna mi aveva rubato il posto e per tutta risposta alle mie rimostranze mi aveva "spiegato le dita". Devo aver considerato questo comportamento un affronto gravissimo se, da bambina mite quale ero, mi sono trasformata in cannibale!
Alle elementari continuavo ad essere lenta, timida e incline alla noia, ma credo meno chiacchierona. Probabilmente una di quelle bambine che in classe semplicemente scompaiono: non danno problemi e non si fanno notare.
Ci sono stati alcuni episodi che sono entrati nel catalogo dei memorabilia familiari. Il primo di questi episodi è addirittura scientificamente documentato: presi dalla disperazione i miei genitori avevano registrato su nastro le interminabili lamentele alle quali li sottoponevo quando dovevo imparare a scrivere: "Ma faccio fatiiiiicaaaa!! Ma mi fa male la mano!! Ma devo premere troppo!!" sono le frasi registrate a perenne memoria. Io ricordo distintamente la sensazione della fatica fisica dello scrivere: la mano serrata attorno alla matita e contemporaneamente la pressione sul foglio (naturalmente incidevo invece di scrivere) che impegnava tutto il braccio. Una fatica fisica dello scrivere che provo ancora oggi, sia a mano (mi sono procurata calli all'indice e al medio) sia al computer (sono finita dalla fisioterapista per un'ipocondilite).
Con lo sguardo dell'adulto posso dire che o mi stancavo molto facilmente o ero molto pigra. Ricordo anche, a proposito della fatica di quel periodo, che ero molto piccola e magra e facevo un'enorme fatica a fare qualsiasi sport.
Con ottime e condivisibili motivazioni i miei genitori mi avevano iscritta alla piscina. Ricordo ancora il soffitto della piscina nel quale tentavo di visualizzare, tra un'annaspata e un'altra (il dorso proprio non riuscivo ad impararlo!), il piatto di semolino cotto nel latte che mi era stato promesso al mio rientro a casa.
Anche per le elementari ho un ricordo traumatico: il banco verde inondato dalle mie lacrime con un vero e proprio laghetto. Ricordo che il fatto di essere capace di produrre una così grande quantità di liquido piangendo aggiungeva alla disperazione una sfumatura di meraviglia. Piangevo perché ero stata sgridata molto duramente dalla maestra che mi aveva sentita dire sottovoce a una compagna "La maestra è matta". Pensavo che fosse impazzita perché anziché farci cambiare nello spogliatoio della palestra, come sempre, voleva farci cambiare in classe. Mi sembrava una cosa fuori di testa, come se avesse detto "Oggi fate la pipì sul tavolo". Naturalmente avrà avuto le sue ragioni, che non mi ha esplicitato, ma la sgridata è stata epica.
Dal punto di vista didattico non ricordo nulla delle elementari, se non la soddisfazione che provavo nel capire molto presto, prima degli altri, come si doveva fare per risolvere un problema di matematica. Volevo essere la prima a capire come si risolvevano i problemi, ma ero al fotofinish con un'altra bambina: Barbara. Questa mia gara interna mi prendeva al tal punto che ci avevo inventato una canzoncina che mi cantavo solo nella testa. In realtà si trattava della canzoncina che papà mi cantava per svegliarmi la mattina: "Cappuccettinaaa, svegliati ch'è già mattinaaa / Cappuccettinaaa, svegliati ch'è già mattina!" alla quale avevo aggiunto una seconda strofa mentale: "Tu vuoi essere prima a scuola/ ma seconda arriverai/ sempre Barbara prima sarà". Tutto questo arrivismo scolastico si focalizzava esclusivamente sul ragionamento per la procedura per risolvere i problemi di matematica. Arrivismo scolastico che è definitivamente terminato con la fine delle elementari.
Sono uscita dalle elementari con bellissime pagelle che venivano telefonicamente trasmesse ai parenti di mezza Italia.
La scuola media è stata un periodo di limbo stranissimo: improvvisamente sembravo non essere brillante in nulla, anzi in alcune materie ero seriamente in difficoltà. Non riuscivo a fare in maniera presentabile il disegno tecnico, avevo 5 in inglese e voti appena accettabili in geografia. Mi tenevo su con l'italiano e il flauto. Assieme a uno sparutissimo gruppetto di compagni ero in grado di suonare il flauto con qualche soddisfazione, scoperta che mi ha portata a chiedere di seguire lezioni di pianoforte per circa due anni.
Anche per le scuole medie ho due ricordi traumatici. Il primo riguarda l'inglese. Con molta motivazione mi ero messa ad ascoltare la cassetta allegata al nostro libro di testo. Come spesso accade il libro di lingua straniera ha un personaggio principale del quale "you are supposed to be a friend". Questo personaggio si chiamava Bob. Nella prima verifica di inglese alla domanda "What's your name?" ho risposto "My name is Bob". Dalla presunta amicizia ero passata all'identificazione. Naturalmente la cosa aveva suscitato l'indignazione del mio prof. di inglese, che mi aveva sgridata lungamente credendomi una mezza idiota. Già allora, con la verifica in mano davanti all'altissimo prof abbigliato in stile Fonzie, avevo capito che il problema era che avevo confuso "your" con "his". Oggi posso dire che quando il prof parlava di pronomi e di altre categorie grammaticali erano tutti concetti che, molto semplicemente, io non avevo mai sentito neppure per l'italiano. A questo c'è una spiegazione storico-politica-scientifica, della quale vi renderò conto in un altro post, da dedicare solo al mio rapporto con la grammatica.
Il secondo trauma delle medie è stato all'esame finale. Ho pianto! Ho pianto perché pensavo che i miei compagni stessero ridendo di come stavo suonando il flauto, quindi sono andata in crisi totale.
Finite le medie ho scelto il liceo classico con la seguente seria motivazione: mi piaceva leggere e scrivere, non sapevo disegnare. E mal me ne incolse.
Il primo anno, la quarta ginnasio come ci piaceva dire per distinguerci dal resto dei ragazzini brufolosi che frequentavano le superiori, è stato così traumatico che ve lo devo raccontare in un post a parte.
Finite le medie ho scelto il liceo classico con la seguente seria motivazione: mi piaceva leggere e scrivere, non sapevo disegnare. E mal me ne incolse.
Il primo anno, la quarta ginnasio come ci piaceva dire per distinguerci dal resto dei ragazzini brufolosi che frequentavano le superiori, è stato così traumatico che ve lo devo raccontare in un post a parte.
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