venerdì 23 marzo 2012

Un masso nella testa

Non è la prima volta che mi capita di sapere dai bambini qualcosa che i genitori non volevano che si sapesse.
Tutte le volte è andata così: notiamo che il bambino o la bambina ha qualche cosa che non va, non è presente a quello che accade in classe o diventa più aggressivo oppure malinconico e triste, oppure, a volte comincia a dire strane bugie ed arrampicarsi sugli specchi. Allora noi, che crediamo che in questi casi una nota non porti a nulla, li prendiamo da parte in un momento tranquillo, in un momento in cui i compagni giocano o fanno altro, e ci mettiamo a parlare con loro.
Li guardiamo negli occhi e chiediamo: "Che cosa c'è che non va?" poi loro si mettono a piangere e spesso dicono: "E' un segreto, non lo dovrei dire a nessuno".
A questo punto di solito io non dico nulla, se è un segreto non posso chiedere che me lo dicano, ma se li fa soffrire come aiutarli? Di solito davanti al fatto che resto in un rispettoso silenzio ma resto con loro crollano e iniziano a raccontare. Sono storie normalissime: i genitori hanno litigato e forse si lasceranno, oppure si sono lasciati, oppure è in arrivo un fratellino. Prometto che non dirò ai genitori che il segreto è stato svelato. E mantengo sempre la promessa.
Parlano e raccontano, a volte riprendono l'argomento dopo qualche giorno e chiedono di parlarne ancora. Iniziano piangendo, ma finisce sempre che tra le lacrime ridono. Una volta ho ascoltato una bambina per più di un'ora al riposo dopo la mensa. Ha pianto tutto il tempo e le colleghe ci guardavano sconcertate: pensavano che la stessi sgridando. Quando è venuta l'ora di tornare a lezione mi ha detto "Maestra è stato bellissimo!" e abbiamo riso assieme "E' stato bellissimo, ho pianto tanto!". Un'altra volta un bambino mi ha detto: "Sono proprio contento di averti raccontato queste cose, è stato come essersi tolti un masso dalla testa!"

Voglio dire alle maestre solo una cosa: ascoltateli; e voglio dire ai genitori solo due cose: ascoltateli e lasciateli liberi di parlare dei loro problemi, gli avrete tolto il problema di dover tenere un segreto.

mercoledì 21 marzo 2012

Attualità

Leggo su Repubblica qui della maestra arrestata perché maltrattava i bambini. La cosa di per sé è già abbastanza disgustosa, ma raddoppia il mio disgusto leggere che la questione era già arrivata al consiglio d'istituto della scuola e non era successo nulla. Di conseguenza sono stati i genitori a chiamare i carabinieri, i carabinieri a mettere le telecamere a scuola per parecchi giorni per raccogliere le prove e, alla fine, arrestare la maestra.
Questa storia è tutta sbagliata. Gli insegnanti violenti non devono arrivare in classe, gli insegnanti di classe non devono essere messi in condizioni di snervarsi a tal punto da diventare violenti, il dirigente scolastico e il consiglio d'istituto devono poter intervenire molto prima che sia necessario l'intervento del carabinieri.

Il sig. Antonio Marziale, presidente dell'Osservatorio sui diritti dei minori e consulente della commissione parlamentare per l'infanzia, dice che bisognerebbe sottoporre gli insegnanti ad "accertamenti periodici di tenuta psico-emotiva". Giusto. Forse Brunetta capirebbe che è meglio tenere un insegnante in malattia per esaurimento nervoso che in prigione per maltrattamenti ai minori. 

venerdì 16 marzo 2012

L'inaccettabile e il lupo

Qualche settimana fa, in una grande libreria, mi è stata presentata una persona nuova.
- Ah, fai l'insegnante? Che bello, quante soddisfazioni!
Mi ha detto con un sorriso tirato.
Sono rimasta interdetta per un attimo. La reazione del pubblico al fatto che faccio l'insegnate va dal compatimento e la pacca sulla spalla all'entusiasmo smodato. Senza mai passare attraverso un'onesta via di mezzo.
Poi mi sono ripresa:
- Sì, soddisfazioni e sconfitte, come in tutti i lavori.
Naturalmente ho ghiacciato il dialogo, come spesso avviene quando do una risposta che fa precipitare la conversazione dal piano "si deve dire così" al piano "veramente penso questo".
Avrei dovuto rispondere:
- Sì i bambini sono tanto carini e danno tante soddisfazioni.
Il che è anche vero, ma grava su questo mondo fatato una serie di nubi nere che non riesco proprio a non avere costantemente presenti.

In questo blog ho già scritto un centinaio di post, quasi sempre di tono entusiastico e propositivo. E' la mia rivoluzione delle matite. Rivoluzione delle matite significa fare qualche cosa di buono per la scuola e i bambini ogni giorno, significa stravolgere i canoni della comunicazione verso l'esterno per passare dalla critica, la lamentela, l'autocompatimento alla proposta, alla condivisione di esperienze positive. 
Another school il possible!

Anche se mi costa molta fatica e tristezza credo che sia venuto il momento di dirvi che tutto questo paga il prezzo a un'enorme, gigantesca censura che mi pongo prima di scrivere. Ho scelto di non raccontare l'inaccettabile. Ma è giusto che lo sappiate: la scuola è piena, ricolma di inaccettabile. Conosco molte storie inaccettabili e portare il peso di queste storie, al quale si aggiunge la consapevolezza della propria impotenza, è sopportare il lato buio della scuola. E' la nostra lotta quotidiana per non finire in quello che chiamano burn-out e che già qualche decina di anni fa era raccontato con seria ironia nell'introduzione al volume Insegnare stanca. Gli insegnanti si ammalano di depressione, infarto e ulcera. Più delle altre categorie di lavoratori.
  
Conosco molte storie di sofferenza e ci sono giorni o momenti di debolezza nei quali mi pare di vederle tutte assieme, guardarle una ad una e cadere in uno stato di prostrazione nel rendermi conto che con tutta probabilità non riuscirò a risolverne neppure mezza. Non parlo solo dei bambini con i quali vivo 22 ore a settimana, parlo di tutte le storie di tutti i bambini che conosco, che vedo nelle ore di supplenza, che incrocio nei corridoi, che frequentano altre scuole e dei quali sento le storie. Capita poi una settimana nella quale mi vengono raccontate più storie, mi tornano in mente quelle che già so e allora soffro più delle altre settimane.

Perché quel bambino deve vedere ogni giorno vomitare la madre ubriaca?
Come sta il bambino orfano?
Che cosa succederà della bambina con la malattia genetica?
Dove è finita e che vita fa la bambina operata di tumore al cervello?
Come andrà a finire la storia del bambino che subisce pesanti punizioni corporali a casa e che si sfoga a scuola?
Come sta il bambino che prende il Ritalin?
Che cosa fa la bambina vittima di abuso?
Che cosa sarà della bambina con DSA e madre disoccupata?
Che cosa fa il bambino che non viene mai a scuola?
A chi verrà affidata la bambina che ora è ai servizi sociali?
Perché quel bambino è depresso?
Perché qual bambino molto intelligente non riesce a stare in classe e scappa, aggredisce e si nasconde?
Perché quel bambino si rovina ogni bel momento pensando che tutto il mondo, oggetti compresi, sia contro di lui?
Come staranno i bambini di quelle classi dove vige la disciplina militare e ogni giorno si assegnano note e punizioni?
Come staranno i bambini di quelle classi dove per 5 anni il voto più alto di italiano è stato 6-?
Come staranno quei bambini che non sono mai stati ascoltati né a casa né a scuola e sulle cui debolezze si è solo infierito?
Come staranno i bambini di quelle classi dove l'insegnante non ascolta mai e va avanti a suon di imposizioni e sgridate, dove i pianti disperati fanno parte del corredo scolastico assieme a gomma e matita?

Dietro ciascuna di queste anonime righe per me ci sono volti, occhi, lacrime e sorrisi che ho visto, dietro i grembiuli blu persone che ho conosciuto.

Probabilmente dovevo nascere Fata Turchina per trovare soluzioni e risposte. 
Ma sono nata Cappuccetto Rosso e posso solo ricordarmi che, a volte, dalla pancia del lupo si esce sani e salvi e che alla fine, con coraggio, astuzia e l'aiuto dei grandi, il lupo si uccide. 
P.S.Grazie a Lucy Cousins che continua a raccontarci che il lupo alla fine muore! Chop!

giovedì 15 marzo 2012

Just in case

Mi hanno fatto questi occhi adesivi. Posso usarli quando dicono assurdità, sciocchezze o cose terribilmente noiose.
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giovedì 8 marzo 2012

L'8 marzo non è uno scherzo!


Prologo
Ore 7: mi viene in mente che vorrei comprarmi un po' di giornali per vedere che cosa si dice sulla festa della donna.
Ore 7.15: incomincio a pensare che potrei portare i giornali in classe e parlarne con i bambini, elaboro convincendomi che educare le nuove generazioni al rispetto reciproco e al rispetto per se stessi potrebbe essere un modo veramente degno di celebrare la giornata.
Ore 7.45: tempo di arrivare all'edicola la cosa mi prende un po' la mano e decido di comprare TUTTI i quotidiani (un bambino poi mi farà notare che manca La gazzetta dello sport... in effetti non ci avevo pensato!)
Ore 7.50: prevedo di fare 3X1 educazione alla cittadinanza, storia e italiano... anche l'articolo di giornale è in programma!
Ore 8: vengo a sapere che la collega dell'altra V è corsa in ospedale perché ha il padre in condizioni gravissime.
Ore 8.02 decido di portare le due V in aula magna e fare con tutti il lavoro sui giornali.

In aula magna spiego a 42 bambini (e bambine! - ma io non credo che la lingua sia sessista -) se sanno che giorno è oggi. Tutti sanno che è la festa della donna, qualche bambino ci ha già fatto gli auguri in atrio (ci sono solo due maestri a scuola nostra...). Chiedo allora se sanno perché la festa della donna è oggi e perché c'è una festa della donna e non c'è una festa dell'uomo inteso come maschio. Nessuno sa nulla, e non hanno nessuna ipotesi in merito. Spiego che immaginavo che non ne sapessero molto e che per questo ho portato dei materiali sui quali cercare qualche risposta: i quotidiani di oggi 8 marzo. Divisi a gruppi di 3-4 bambini hanno avuto un quotidiano nel quale andare a caccia di informazioni. Naturalmente all'inizio protestavano "Maestra ma non c'è niente!", anche se in copertina si annunciava "un dossier 8 marzo", poi ho spiegato che era necessario guardare con più attenzione e ho sfogliato i giornali assieme a loro.

Dopo una quarantina di minuti abbiamo raccolto i risultati:
La Stampa: 6 articoli su 3 pagine
Il Corriere della sera "Sette": 1 articolo su 3 pagine e mezza
Il Corriere della sera: 1 articolo su mezza pagina
L'Unità: 6 articoli su 2 pagine
La Repubblica: 11 articoli su 2 pagine
Il Giornale: 4 articoli su 2 pagine
Quotidiano locale: 2 articoli su una pagina
Il Fatto quotidiano: 1 articolo su mezza pagina
Il Manifesto: 2 articoli su mezza pagina
Il Sole 24 ore: 1 articolo sul ruolo delle donne nell'economia
Libero: 1 articolo sull'aumento delle imprese femminili, una pagina dedicata a prodotti per dimagrire per donne e 2 lettere dei lettori
Il foglio: 0 articoli, un augurio sponsorizzato da due ditte.


Una collega è venuta a prendere l'altra classe e io sono tornata in aula con i miei bambini. Tutti si sono messi sotto a leggere, cercare informazioni per poi venire alla lavagna a raccontare ai compagni le notizie ed attaccare l'articolo e le immagini sul cartellone (tutto ciò fa molto scuola militante anni '70... ma è stato divertente!). Ultima fase: hanno ritagliato dei baloons nei quali hanno potuto liberamente scrivere i loro commenti a quanto abbiamo letto e discusso. Non ho suggerito né censurato, ho respinto solo due commenti che citavano in modo denigratorio il nome di un politico o di un partito. Il cartellone è diventato il luogo del botta e risposta tra maschi e femmine: su alcuni punti erano in pieno accordo e su altri in aperta polemica tra di loro o con il quotidiano in esame.
Indovinate con chi se la sono presa di più...





mercoledì 7 marzo 2012

Una medaglia

Lei non sa che deve la soddisfazione di ieri a un libro pubblicato postumo da un signore francese già morto a metà degli anni '50. Se ci fosse un panteon dei linguisti è a Lucien Tesnière che dovrebbe accendere un cero di ringraziamento.
Come vi ho già raccontato ho proposto in classe l'analisi valenziale della frase al posto dell'analisi logica che, come è stato spesso sottolineato, di logico rischia di non avere molto. 
Lei è una bambina allegra e timida, che solo dopo parecchio tempo accetta di darti confidenza, ma poi ti regala senza riserve affetto e sorrisi. Lei è tenace e decisa, lei non si scoraggia quasi mai davanti alle difficoltà che trova nello studio. Tutte le materie di studio sono per lei un po' difficili e le richiedono una fatica e un impegno notevoli. Ha fatto visite specialistiche e visto dottori, ma non si è capito perché per lei studiare è così impegnativo. La sua ostinazione e il suo entusiasmo non cessano di commuoverci.
Poi, lo scorso anno, ho cominciato a fare analisi valenziale e lei si è entusiasmata: dal 5 al 9 nel giro di un nucleo della frase. Quest'anno ho ripreso l'argomento e lei sa di sapere. E' lei che, d'istinto, senza aspettare la mia approvazione, si indigna quando gli altri sbagliano e spiega che "bisogna partire sempre dal verbo" o che "se c'è una preposizione non può essere un argomento diretto", è lei che va ad aiutare le nuove arrivate spiegando che noi circondiamo il soggetto con il giallo e l'oggetto con il blu.
E' per lei che ieri ho preparato una medaglia gialla con al centro una stella e attorno una scritta: "Sceriffo dell'analisi valenziale" da fissare con un rotolino si scotch al suo grembiule. 
E lei orgogliosa, imbarazzata e terribilmente contenta la mostrava ai compagni. 
W Lucien!

venerdì 2 marzo 2012

Pronti al dialogo

Ancora sul voto: i bambini devono imparare che il voto non è come un evento atmosferico imponderabile ma è legato a quello che loro hanno scritto o detto. La paura del voto e della prova sono legate al fatto che il meccanismo viene percepito come un fatto di puro potere: l'insegnante ha il potere di dare brutti voti e l'alunno non sa il perché. 
Questa idea mi è stata confermata pochi giorni fa quando ho scoperto che molti di loro fanno "il gioco delle maestre". La cosa mi ha stupito: io da piccola non ho mai fatto il gioco delle maestre, semmai giocavo all'ufficio e mi davo da fare con ricevute, registri di contabilità e telefonate per appuntamenti. Ho chiesto quale fosse la cosa più bella di giocare alle maestre e mi hanno risposto dare i voti, dare i BRUTTI voti e compilare i registri. Ho raccontato che sono proprio le cose che noi vere maestre odiamo di più! Per i bambini è bello dare brutti voti a caso ai malcapitati fratellini, cuginetti e compagni perché è la loro rivincita sul sistema di potere, il mondo alla rovescia che si realizza nel gioco: "adesso decido io quando dare un brutto voto, e non ho neppure bisogno di un perché".
Siccome non voglio che percepiscano i miei voti come un atto arbitrario di potere, già dallo scorso anno abbiamo cominciato a fare un po' di riflessioni sull'auto-valutazione: fanno una scheda, poi lasciano la penna blu e prendono quella rossa e facciamo una correzione collettiva, alla fine si danno da soli un voto. Poi io controllo la correzione e il voto e decido se confermarlo. Mi sembra che dallo scorso anno siano migliorati nella percezione dei propri errori e, forse, abbiano un rapporto un po' più sereno con i voti che ricevono.

Quest'anno, in maniera quasi casuale, decido di fare un passo in più. Nel libro "Il paese sbagliato" di Mario Lodi, che proprio in questi giorni sto leggendo, trovo scritto:
"Lo scolaro, in una scuola autoritaria fondata sui voti, studia perché ci sono i voti. Se strappi il voto dalle mani dell'insegnante tutto il castello crolla. E' come strappare le armi alla polizia di uno stato oppressivo".
E' un po' che lotto contro questa idea di scuola autoritaria, ed è una lotta che si rivolge prima di tutto contro me stessa: contro i comportamenti autoritari spontanei che assalgono gli insegnanti o per poca coscienza o per stanchezza o per comodità. Un continuo autosorvegliarsi per non scegliere la strada più facile: urla, dai note, metti voti bassi e non domandarti mai il perché.
E' vero che il voto è il cardine di questo sistema, ed è vero che, come ho già scritto, è per me un momento di difficoltà. Non volendo essere la poliziotta di una scuola autoritaria dovrei disarmarmi ed eliminare i voti? Non  avendo ancora trovato una soluzione al problema ho pensato di farmi aiutare da loro nel ragionamento. 
Don Milani e Mario Lodi hanno insegnato in due scuole  (una non statale, ma l'altra sì) senza il sistema classico dei voti, ho chiesto quindi ai bambini di scrivermi per casa un testo nel quale mi spiegassero perché sono a favore o contro i voti a scuola. Ho insistito più e più volte sul fatto che dovevano fare il compito da soli: volevo sapere le opinioni dei bambini e non dei genitori! 
Risultati sorprendenti: solo 4 su 25 sono risultati contrari ai voti a scuola e pensavano a una scuola senza voti non solo come possibile, ma anche auspicabile. Tutti hanno letto davanti alla classe il loro compito e si è aperta la discussione. Ho da poco inserito alla loro attenzione, in qualche lezione precedente, il testo argomentativo: le due ore di discussione sui voti sono stati un meraviglioso esempio su come funzionano o non funzionano i testi argomentativi. Mi sono limitata a condurre la discussione e a sottolineare la coerenza o meno dei loro ragionamenti, a far notare la struttura di alcuni testi e le ambiguità di altri. La prima questione che è emersa è che confondono la correzione con la valutazione. Ma come biasimarli se consideriamo che è il classico errore di molti insegnanti? Dopo aver approfondito il fatto che il voto ci dice "quanto" sappiamo o non sappiamo su un determinato argomento ma che solo la correzione ci spiega il "perché" di quel voto, "che cosa" ancora non ci è chiaro e "come" fare per migliorare, molti di loro sentivano il bisogno di fare una premessa alla lettura del testo scritto a casa: "Eh, maestra, ma io adesso ho cambiato idea, non la penso più così" e si scusavano spiegando che avevano cambiato idea ascoltando la discussione. Ho detto che questo è un gran segnale di maturità: ascoltare e partecipare a una discussione essendo capaci di cambiare opinione in maniera meditata e consapevole non è da tutti.
Viene voglia di portare i bambini a spiegare queste conquiste ad alcuni personaggi che, proprio in questi giorni, dichiarano, senza vergogna, di essere pronti al dialogo... ma di non voler cambiare opinione.