venerdì 2 marzo 2012

Pronti al dialogo

Ancora sul voto: i bambini devono imparare che il voto non è come un evento atmosferico imponderabile ma è legato a quello che loro hanno scritto o detto. La paura del voto e della prova sono legate al fatto che il meccanismo viene percepito come un fatto di puro potere: l'insegnante ha il potere di dare brutti voti e l'alunno non sa il perché. 
Questa idea mi è stata confermata pochi giorni fa quando ho scoperto che molti di loro fanno "il gioco delle maestre". La cosa mi ha stupito: io da piccola non ho mai fatto il gioco delle maestre, semmai giocavo all'ufficio e mi davo da fare con ricevute, registri di contabilità e telefonate per appuntamenti. Ho chiesto quale fosse la cosa più bella di giocare alle maestre e mi hanno risposto dare i voti, dare i BRUTTI voti e compilare i registri. Ho raccontato che sono proprio le cose che noi vere maestre odiamo di più! Per i bambini è bello dare brutti voti a caso ai malcapitati fratellini, cuginetti e compagni perché è la loro rivincita sul sistema di potere, il mondo alla rovescia che si realizza nel gioco: "adesso decido io quando dare un brutto voto, e non ho neppure bisogno di un perché".
Siccome non voglio che percepiscano i miei voti come un atto arbitrario di potere, già dallo scorso anno abbiamo cominciato a fare un po' di riflessioni sull'auto-valutazione: fanno una scheda, poi lasciano la penna blu e prendono quella rossa e facciamo una correzione collettiva, alla fine si danno da soli un voto. Poi io controllo la correzione e il voto e decido se confermarlo. Mi sembra che dallo scorso anno siano migliorati nella percezione dei propri errori e, forse, abbiano un rapporto un po' più sereno con i voti che ricevono.

Quest'anno, in maniera quasi casuale, decido di fare un passo in più. Nel libro "Il paese sbagliato" di Mario Lodi, che proprio in questi giorni sto leggendo, trovo scritto:
"Lo scolaro, in una scuola autoritaria fondata sui voti, studia perché ci sono i voti. Se strappi il voto dalle mani dell'insegnante tutto il castello crolla. E' come strappare le armi alla polizia di uno stato oppressivo".
E' un po' che lotto contro questa idea di scuola autoritaria, ed è una lotta che si rivolge prima di tutto contro me stessa: contro i comportamenti autoritari spontanei che assalgono gli insegnanti o per poca coscienza o per stanchezza o per comodità. Un continuo autosorvegliarsi per non scegliere la strada più facile: urla, dai note, metti voti bassi e non domandarti mai il perché.
E' vero che il voto è il cardine di questo sistema, ed è vero che, come ho già scritto, è per me un momento di difficoltà. Non volendo essere la poliziotta di una scuola autoritaria dovrei disarmarmi ed eliminare i voti? Non  avendo ancora trovato una soluzione al problema ho pensato di farmi aiutare da loro nel ragionamento. 
Don Milani e Mario Lodi hanno insegnato in due scuole  (una non statale, ma l'altra sì) senza il sistema classico dei voti, ho chiesto quindi ai bambini di scrivermi per casa un testo nel quale mi spiegassero perché sono a favore o contro i voti a scuola. Ho insistito più e più volte sul fatto che dovevano fare il compito da soli: volevo sapere le opinioni dei bambini e non dei genitori! 
Risultati sorprendenti: solo 4 su 25 sono risultati contrari ai voti a scuola e pensavano a una scuola senza voti non solo come possibile, ma anche auspicabile. Tutti hanno letto davanti alla classe il loro compito e si è aperta la discussione. Ho da poco inserito alla loro attenzione, in qualche lezione precedente, il testo argomentativo: le due ore di discussione sui voti sono stati un meraviglioso esempio su come funzionano o non funzionano i testi argomentativi. Mi sono limitata a condurre la discussione e a sottolineare la coerenza o meno dei loro ragionamenti, a far notare la struttura di alcuni testi e le ambiguità di altri. La prima questione che è emersa è che confondono la correzione con la valutazione. Ma come biasimarli se consideriamo che è il classico errore di molti insegnanti? Dopo aver approfondito il fatto che il voto ci dice "quanto" sappiamo o non sappiamo su un determinato argomento ma che solo la correzione ci spiega il "perché" di quel voto, "che cosa" ancora non ci è chiaro e "come" fare per migliorare, molti di loro sentivano il bisogno di fare una premessa alla lettura del testo scritto a casa: "Eh, maestra, ma io adesso ho cambiato idea, non la penso più così" e si scusavano spiegando che avevano cambiato idea ascoltando la discussione. Ho detto che questo è un gran segnale di maturità: ascoltare e partecipare a una discussione essendo capaci di cambiare opinione in maniera meditata e consapevole non è da tutti.
Viene voglia di portare i bambini a spiegare queste conquiste ad alcuni personaggi che, proprio in questi giorni, dichiarano, senza vergogna, di essere pronti al dialogo... ma di non voler cambiare opinione.

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