lunedì 5 novembre 2012

Discorsi in gita

La cosa più bella delle gite è che puoi ascoltarli mentre parlano e loro non se ne accorgono.

Lui 1 - Che cosa vuoi fare da grande?
Lui 2- Guidare una Ferrari!
Lui 1- ...
[si chiede se "guidare una Ferrari" si può considerare un lavoro?]

Lei - Lo sai? Io quando ero in asilo conoscevo una bambina Giovanna che era marrone come noi!
Lui - Davvero?!?

In mensa

- Maeftra, pecché no 'diamo in cottile?
- Perché ho molto raffreddore e non voglio prendere freddo
- Ache io ieri a'vo la toffe... cofì: choff choff choff!
Dice tossendo nel mio piatto di pasta al ragù

mercoledì 24 ottobre 2012

In tema di D



Sono al lavoro per il "libro per il grande editore", cerco esercizi da fare sulla discriminazione dei suoni simili D e T. In un bellissimo abbecedario trovo un bellissimo testo, che nessun editore scolastico mi lascerebbe pubblicare e quindi mi sfogo copiandovelo qui sotto:

"La lettera D era una ragazza molto carina e socievole e, soprattutto, molto consapevole della grande responsabilità che aveva nel dare l'iniziale a una parola importantissima: Democrazia. Per questo non sopportava tutti quelli che usavano il suo suono a vanvera e in particolare odiava quegli stupidi razzisti che la sostituivano alla sua amica T quando volevano ironizzare sull'italiano parlato dagli immigrati africani.
Era stufa di "tutti" che diventava "duddi", di "tanti" che diventava "dandi" e così via. Fu per questo che, giusta ritorsione, la lettera D ritirò la sua presenza da tutte le parole più amate da questi sciocchi individui: Direttore, Dirigente, Demiurgo, Dittatore e finanche dalla Destra la quale, diventata Estra, cadde, per nostra fortuna, in una profonda e irreversibile crisi di indentità". (Sergio Staino)

Dopo aver Digerito il panDoro Della colazione vaDo a farmi una Doccia e Dopo presto al lavoro. Per fortuna questa notte ho Dormito.
A Dopo!
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martedì 23 ottobre 2012

Nuovi animali

- Maestra oggi mi fa male la guancia, qui da questa parte
- Perché?
- Ieri mi ha morso una zanzara leone!

lunedì 22 ottobre 2012

Una corsa

E' un po' che non mi porta disegni. Poi qualche giorno fa arriva con una grande persona disegnata sul foglio con una coloratissimo mantello dietro.
- E' per te
- Grazie
- Questa sei tu
- E che cosa faccio?
- Hai vinto
- Che cosa ho vinto?
- Una gara di corsa.

In questi giorni non ho scritto molto, questo accade per molti motivi. Uno è lo stato psicologico negativo nel quale mi trovo. Rispetto alla situazione iniziale di contatto con la classe, della quale vi ho già detto, le cose sono lentamente migliorate. Si riesce, per qualche mezz'ora, anche a fare lezione; si riesce, per una decina di minuti, anche a farli lavorare tranquilli e concentrati al posto. Ma quello che accade più spesso è ancora che non ascoltano, parlano tra loro da una parte all'altra della classe, si alzano, fanno domande in 10 alla volta, litigano, si spingono, si buttano a terra. Allora noi ci arrabbiamo, li riprendiamo, alziamo la voce, minacciamo punizioni, chiamiamo i genitori, facciamo colloqui, facciamo discorsi e promesse di cambiamento. 
Allora io, che avrei voluto essere un'insegnante democratica e non-violenta, e che ogni volta ci riprovo, mi sento letteralmente uno schifo. Mi faccio schifo: quella persona che grida e si arrabbia non sono io, quella persona che perde il controllo non sono io. Poi un po' mi perdono perché capisco che quella persona lotta solo per farsi ascoltare e fare il suo mestiere. Intanto magari, presa da questi pensieri, la notte dormo solo 3 ore perché ho passato il tempo a chiedermi come si fa, come si può fare, come si esce da questo meccanismo senza rinunciare al proprio modo di essere. 
Sto cercando di documentarmi, di chiedere a colleghi esperti, ma non ho ancora trovato risposte soddisfacenti.

Intanto fuori dalla scuola c'è un altro mondo che mi chiama: un corso di formazione per 100 docenti, un contratto di docenza all'università per 150 futuri maestri, un libro per la prima elementare con un'importante casa editrice.

Lei, ancora una volta vede: sono nel bel mezzo di una corsa, una lunga sfinente maratona. Non so se riuscirò a correrla tutta, se inciamperò, se mi ritirerò e se poi alla fine ci sarà un premio.  Lei crede di sì.



mercoledì 17 ottobre 2012

Cappuccetto Rosso si arrabbia

Qualche giorno fa chiedo cortesemente a qualcuno del personale di bidelleria di sorvegliare la classe per permettermi di andare al bagno. Al terzo no, ho preso il malcapitato di turno e ho detto: "Io mi arrabbierò. Mi arrabbierò e scriverò".

Mi sono arrabbiata ed ho scritto, ma non per poter andare in bagno, perché è bastato vedermi sull'orlo dell'arrabbiatura (e della cistite!) per ottenere maggiore collaborazione, mi sono arrabbiata invece per questa ulteriore umiliazione letta su Repubblica online questa mattina:
Ho scritto per rispondere alla falsità scritta nell'articolo (potete leggere tra i commenti anche il mio): il titolo di accesso alla scuola elementare non è attualmente il diploma di scuola superiore! Ci vuole la laurea da anni! E in ogni caso di maestre abilitate con la maturità ma comunque laureate ce ne sono molte!
Sono anni che ci penso, ma è il momento di dirlo: non sono i prof a dover fare 24 ore come noi, siamo noi a dover fare 18 ore come loro. 18 ore di classe alle quali si sommano le ore di scuola in cui non abbiamo i ragazzi ma progettiamo, organizziamo, prepariamo, incontriamo, discutiamo e le ore a casa nelle quali studiamo, prepariamo, correggiamo (anche la domenica!). Tutto questo si chiama adesso "funzione docente" e non è quantificato dal punto di vista orario. 
Sarebbe l'ora di trovare un modo intelligente di quantificare e riconoscere il lavoro fuori classe dei docenti, è strettamente legato alla qualità del lavoro in classe. Ma a chi interessa la qualità del lavoro in classe?

Scrivete le vostre esperienze sulla pagina pubblica che ho creato:
E' ora di raccontare agli altri che cosa è il nostro lavoro! E se siete genitori è ora di chiedere che la formazione dei vostri figli sia riconosciuta come una professione importante!

mercoledì 3 ottobre 2012

Facciamo?



Facciamo che io ero grande e mi avevano chiesto di andare a spiegare a un sacco di insegnanti come insegnare grammatica. Facciamo che dovevo fare un viaggio di qualche centinaia di chilometri per arrivare in una città bellissima che non avevo mai visto. Facciamo che loro mi pagavano il viaggio e l'albergo e mi pagavano anche bene la lezione.
Facciamo che poi la mattina mi trovavo in un grande teatro dove c'erano cento persone venute da diversi posti per sentire me. Facciamo che io ero emozionata ma contenta e che avevo davvero molte cose da dire. Facciamo che avevo avuto una bellissima idea per cominciare e allora loro mi ascoltavano interessatissimi, e poi facevano domande intelligenti ed erano soddisfatti delle risposte. Poi facciamo anche che nella pausa e alla fine della lezione venivano a farmi altre domande e complimenti e chiedevano consigli. Poi facciamo anche che alla fine restavano più dell'orario e mi facevano un bellissimo applauso. E poi e poi e poi facciamo anche che veniva una signora a chiedermi se potevo andare a fare la stessa lezione in un'altra città, perché le era piaciuta tanto e voleva proporla ad altri insegnanti.
- Eh, ma adesso stai esagerando!
Ma dai, facciamo così! E' un gioco, è solo un gioco. Facciamo che io ero una maestra ma avevo studiato molto e avevo scritto dei libri e quindi andavo a raccontare ad altre maestre quello che avevo studiato e quello che avevo scoperto lavorando con i bambini.
- E va bene, ma poi se sicura che non vuoi giocare sempre a questo gioco?
Ma dai facciamo ancora questa volta! Allora io ero in questa bellissima città e tutto era andato molto bene e poi in questa bellissima città dovevo tornare ancora una volta a finire le mie lezioni e tutti erano contenti di farmi tornare. E allora poi quando avevo finito di fare la lezione ero libera per qualche ora, e anche se ero molto stanca e avevo un sacco di mal di testa ero contenta del lavoro che avevo fatto. Poi giravo per questa città e in un piccolo negozietto in una vetrina trovavo un braccialetto dove c'era la mia storia: c'ero io, il lupo e i fiori, tutti i fiori che ho raccolto nel bosco...

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lunedì 1 ottobre 2012

La nave e la mongolfiera

Arriva con i capelli arruffati e il suo disegno, tutto fatto con il pennarello blu:
- Questa è una nave, è rimasta incagliata sulle secche e non riesce più ad andare avanti. E' per te.
- Grazie...

Giovedì: la solita incredibile fatica per riuscire a farli stare tranquilli ad ascoltare, a non mettersi a chiacchierare o giocare con il compagno, a non chiedere di andare in bagno tutto il tempo... mi sento un cane pastore e vorrei essere un polipo, ma un polipo con anche molti occhi molte orecchie molte bocche. Un mostro con braccia occhi orecchie per tutti, per tutti i miei 25 alunni. Si alzano e vengono a chiedere qualche cosa in 5 o 6 alla volta, vogliono sapere, fare, raccontare, chiedono aiuto o vogliono essere ascoltati perché si lamentano. Intanto dal posto altri chiedono altre cose, o aspettano pazientemente che la maestra-mostro arrivi anche da loro, o semplicemente non fanno nulla, niente di niente, finché la maestra-mostro non arriva sul loro banco a ridire, per la decima volta, che cosa bisogna fare.

- Vai avanti con le lettere che ho scritto, vedi? adesso c'è la E, devi fare la E, quella che sembra un pettinino, ti ricordi?
- Sì, ma come si fa? Non so fare, come si fa?
- Si fa così, vedi? prendi bene la matita, ecco, con queste tre dita, no, un po' più in basso, ecco, adesso parti da qui in alto e fai una sediolina, poi chiudi in alto e fai la righetta in mezzo. No, non servono tanto lunghe le righette...
- Così?
- Sì, così, poi la prossima volta cerchiamo di fare le righette più dritte, va bene?
- Sì.

Alzo gli occhi da quel banco e da quel quaderno e attorno c'è naturalmente il disastro: chi è andato in bagno senza chiedere, chi ha preso un puzzle e si è sdraiato a terra in fondo alla classe, chi si è alzato per andare a dire una cosa a un compagno, chi sta litigando, chi chiede di andare in bagno, chi ha aperto un libro senza aver finito di lavorare sul quaderno, chi non ha ancora cominciato a scrivere.
La maestra ritorna a fare il cane pastore: 
- Tornaaate al posto! Sì puoi andare in bagno. Perché non hai ancora cominciato a scrivere? Metti via il libro, stiamo lavorando sul quaderno. Non è il momento del riposo, metti via il puzzle e torna al posto. Giù le mani voi due, che cosa c'è da litigare? Non hai la matita? Vieni che ti do la mia. Sì se non hai il blu puoi usare l'azzurro. Il fazzoletto lo trovi dietro la cattedra. No adesso non puoi fare un disegno, adesso andiamo avanti con queste parole. No non è ancora ora di pranzo, dobbiamo ancora fare la merenda... 
e abbaia altre decine di frasi per rispondere a tutti e per convincere ciascuno a tonare a lavorare.

La maestra torna alla lavagna:
- Stavamo scrivendo ELEFANTE, adesso dopo questa E che cosa ci vuole?
- FFFFF! FFFF!
- Giusto, F, allora facciamo un bastoncino, poi chiudiamo in alto e poi un'altra righetta
Sono passati due minuti di tregua e poi la maestra ritorna a fare il cane pastore. Così per ore.

Sempre giovedì, la quinta ora vado a fare musica in un'altra classe, una seconda. Mi accoglie con un sorriso lui, il bambino che da un anno terrorizza tutta la scuola.
- Maestra vieni con me!
(mi prende la mano)
- Ti devo dire una cosa che non ti piacerà...
(indica la finestra)
- Guarda: oggi c'è vento e la finestra è anche un po' aperta... è pericoloso per te, potresti volare via se noi facciamo troppa confusione!
- Oh, già, ma starò attenta, non ti preoccupare, e poi voi sarete bravi e non farete troppa confusione, vero?
- Sì!
Questa della mongolfiera è una storia che delle volte racconto quando vado in una classe nuova, dico che sono una maestra un po' strana e proprio non posso stare nella confusione, perché altrimenti la testa mi si gonfia e diventa grande come una mongolfiera e allora rischio di volare via. Il che è vero: davvero non sopporto la confusione e davvero se è troppa ho la tentazione di andarmene. Questa storia mi permette anche di fare delle facce buffe quando il livello dei decibel non è accettabile e sperare che loro così si calmino senza rendere necessaria l'arrabbiatura. A volte funziona. Non avevo mai pensato che qualcuno si sarebbe potuto preoccupare davvero...
Comincio la lezione con lui che mi abbraccia e mi tocca la pancia (chiedo: - Tutto a posto con la mia pancia? risponde di sì) e con l'annuncio dell'imminente arrivo di una bravissima pianista che ci avrebbe spiegato un  sacco di cose sull'opera e su uno spettacolo che avremmo fatto con lei e altri cantanti bravissimi verso la fine dell'anno. La tiro in lungo aspettando che la pianista arrivi e racconto che cose fantastiche faremo. La pianista non arriva, lascio una collega in classe e chiedo a una bidella, vado nell'aula di musica. Niente pianista, e sono già le 12.15. Torno in classe e annuncio che purtroppo la pianista avrà avuto qualche problema, che verrà una prossima volta e che riprendiamo con le attività di musica della settimana precedente.
Il bambino sensibile, come una pentola a pressione, comincia a surriscaldarsi: va in giro per la classe appoggiando conchiglie alle orecchie dei compagni, poi si trascina su tutti i banchi. Poi esplode e comincia gridare:
- C'E' UNA GAL-LI-NA NEL-LO ZAI-NO! C'E' UNA GAL-LI-NA NEL-LO ZAI-NO! C'E' UNA GAL-LI-NA NEL-LO ZAI-NO! C'E' UNA GAL-LI-NA NEL-LO ZAI-NO!
- C'E' UNA CACCA SUL TAVOLO! C'E' UNA CACCA SUL TAVOLO! C'E' UNA CACCA SUL TAVOLO! C'E' UNA CACCA SUL TAVOLO!
- C'E' UNA MAESTRA ARRABBIATA! C'E' UNA MAESTRA ARRABBIATA! C'E' UNA MAESTRA ARRABBIATA! C'E' UNA MAESTRA ARRABBIATA! C'E' UNA MAESTRA ARRABBIATA!
e qualsiasi altra cosa gli passi per la testa.
Naturalmente provo a convincerlo che noi vogliamo fare lezione di musica, lui risponde che a lui non interessa, che lui non vuole fare lezione di musica e continua a gridare.
Io sposto il suo compagno di banco in un luogo acusticamente più accettabile e dico ai compagni che avremmo fatto lezione comunque con il nostro lavoro sul ritmo, però ciascuno sul suo quaderno. All'inizio loro ridono di quello che grida il compagno, poi cominciano ad isolarsi e a lavorare ciascuno al suo compito.
Dopo non so quanto tempo nel quale ho fatto lezione cercando di far sentire la mia voce sopra questa colonna sonora di non sense, lui, disegnando dinosauri, comincia a calmarsi e non grida più.
Poi si alza, tranquillissimo:
- Guarda, questo è un drago
- Molto bello, che drago è?
- E' un drago americano, anzi adesso gli faccio la bandiera
- Va bene, vuoi che ti mostro come è fatta la bandiera americana?
- No
(comincia a fare una stella nel centro di una bandiera sulla schiena del drago)
- Vuoi che ti mostro come si fa una stella precisa con un sistema facile?
- No, io la faccio così, a me va bene così.
E' ora di fare lo zaino e lo aiuto a sistemarsi la giacca e lo zaino, gli altri sono fuori in corridoio che si stanno preparando:
- Ma poi non sei volata fuori dalla finestra davvero
- No, hai visto? Era solo uno scherzo, lo hai capito...
- Sì, sono quegli scherzi che fanno le maestre simpatiche
- Ah, io che maestra sono?
- Simpatica
- Allora facciamo la pace e la prossima volta mi aiuti a fare la lezione di musica?
- Sì. Però io delle volte non riesco a controllarmi.

Io il più delle volte mi controllo. 
Poi arriva un giovedì così in cui arrivo a casa e il mio corpo va fuori controllo: lo stomaco e la gola diventano un blocco di cemento attraverso il quale il respiro fa fatica a passare. 
E allora, stesa sul divano cercando di riprendere il controllo di me stessa, sono una nave incagliata che non riesce più ad andare avanti.




mercoledì 26 settembre 2012

La verità del giorno

Sono nel parcheggio della scuola con 10 minuti di anticipo e la verità del giorno è questa: ho fatto un incubo a tema scolastico da raggelare il sangue, ho passato la mattina con la diarrea, ho 7 ore di lavoro davanti e ho quasi finito il maalox.
Buona giornata, perché anche le brutte giornate possono portare delle belle sorprese.
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martedì 25 settembre 2012

Un'ora e mezza

Per fare scrivere a 25 bambini di prima quello che vedete su questa lavagna ci vogliono un'ora e mezza di tempo, molta pazienza e molta voce.
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