Cari miei cinque lettori,
finalmente il quadrimestre è finito e si può tornare ad una vita normale.
La fine del quadrimestre getta nel panico alcune colleghe, pare che per dare dei voti corretti occorra raccoglierli gli ultimi giorni del quadrimestre. Trovo che sia un'assurdità. Ho cominciato a raccogliere voti da ottobre, quindi è normale che a gennaio ne ho già una certa quantità... Le verifiche le faccio alla fine di un argomento (volete chiamarla unità didattica?) in qualsiasi periodo dell'anno, non importa se vicino o lontano al 31.1.
Il fatto è che chi si stressa per la fine quadrimestre stressa anche te: digli di smettere!
Personalmente mi stressano i voti in generale, ma più di tutto mi stressa riportarli sulle pagelle.
Da sempre ho un cattivo rapporto con il fatto di assegnare voti. Non mi disturba fare delle verifiche: mi serve per capire quanto hanno capito, sapere che cosa rispiegare, osservare dove trovano più difficoltà; ma non ho ancora realmente capito perché a tutto questo devo dare un numero e perché questo numero deve essere "oggettivo" e confrontabile con gli altri numeri. Quando ammetto questa mia difficoltà suscito sempre scalpore tra i colleghi, che sotto sotto pensano che sia una boutade o una esagerazione, quasi una vanteria. Invece è vero: non ho capito a che cosa servono veramente i voti.
Solo i 10 non mi pesano: quando scrivo un 10 so che quel bambino sorriderà e che il papà, la mamma, le nonne, le zie gli diranno "bravo!". Già quando scrivo un 9 non so che cosa succederà: ho scoperto che ci sono famiglie che stabiliscono un livello di 9 e 10 che devono esserci in pagella, credendo così di motivare i figli a un migliore rendimento. Le quotazioni dei voti sono poi collegate a premi o punizioni, in termini di figurine, di giornate di play station guadagnate o perse, di paghette e via dicendo. Questo sistema non viene adottato solo per i voti "bassi", ma riguarda anche i 9 o può concentrarsi su un'unica materia. L'anno scorso al primo quadrimestre ho scoperto che la vacanza estiva in un parco giochi di un mio alunno sarebbe stata condizionata dal voto di "Arte e immagine". Questo alunno ha un pessimo rapporto con il disegno, nel corso dei mesi il mio obiettivo è stato quello di non fargli vivere con panico il momento in cui si prendeva in mano una matita o un pennarello. Naturalmente gli ho alzato il voto.
I voti mi pesano perché non ho nessuna certezza sul fatto che verranno interpretati in modo corretto e perché non ho il controllo sulle conseguenze alle quali andranno in contro i miei bambini. Ho saputo che un bambino, che ha la pagella tra il 7, l'8 e il 9, si è sentito dire dal papà che è stupido. Quanto vorrei riempirgli la pagella di 10!
Ho fatto vari esperimenti in tal senso (ve ne parlerò in altri post) e ho notato che l'idea che il voto dovrebbe essere motivante (meglio: il raggiungimento di un "bel" voto) è semplicemente falsa. Il sistema di legare poi un voto a un premio e un altro a una punizione è fallimentare. In tutti e due i casi la motivazione resta superficiale e legata a fattori esterni: prendere un bel voto così gli altri mi diranno "bravo", prendere un bel voto così gli altri mi daranno un premio, aver paura di prendere un "brutto" voto perché ne seguirà una punizione. NON FUNZIONA! Fidatevi. Intanto le gratificazioni e le reprimende dovrebbero essere strettamente collegate all'oggetto in discussione e non riguardare cose che non hanno nulla a che fare con l'argomento "impegno nello studio". Perché pensare alle figurine degli animali dovrebbe farmi studiare di più gli Etruschi?
La vera motivazione è solo quella interna, quella di chi ha voglia e curiosità di imparare, il voto più alto è solo un "effetto collaterale". Per stimolare la motivazione e la curiosità il percorso educativo è completamente slegato dal meccanismo del voto. Io uso molto il metodo della lezione partecipata, ecco che studiare, approfondire, essere curiosi serve a partecipare alla lezione, a condividere con i compagni il momento di scoperta, a portare qualche riflessione al gruppo. E' da questa soddisfazione di sentirsi parte di un processo di scoperta che la motivazione continua ad alimentarsi. E' motivante vedere che i tuoi compagni e i tuoi insegnanti ti ascoltano perché stai dicendo qualche cosa di interessante e nuovo, è motivante il fatto che ti viene lasciato spazio per approfondire le tue passioni e i tuoi interessi che riguardano le materie di studio, anche se non sono "in programma" (quante cose interessanti sulla medicina, sulla matematica, sulla filosofia dei Greci hanno raccontato i bambini!). E' motivante la relazione che si ha con gli altri, quando ci si sente parte importante di questa relazione. In definitiva credo che sia motivante sentirsi trattare da persone, con le proprie caratteristiche e difficoltà, e scoprire che qualcuno crede che valga la pena ascoltarti. Credo che la vera motivazione stia nella dimensione sociale e collaborativa.
Per questo quando certi genitori vengono a chiedermi che cosa fare a casa per risolvere alcuni problemi con lo studio, cerco sempre di dare esempi di giochi ed attività divertenti che siano motivanti per il bambino perché creano un rapporto con il genitore. Ricordo ad esempio che per una bambina che, anni fa, non aveva voglia di fare esercizio di lettura ad alta voce ho detto alla mamma di farsi aiutare a cucinare facendo leggere alla figlia le ricette. Credo che assegnando esercizi aggiuntivi dal libro non avrei ottenuto lo stesso risultato e mamma e figlia avrebbero passato sicuramente dei momenti meno rilassanti. Se devi imparare a leggere parole in stampato perché non puoi leggere un ricettario?
Ancora un esempio. Una bambina che ho in classe ha grosse difficoltà con l'apprendimento, è con noi da poco e non sono ancora riuscita a capire perché. E' stata l'unica ad essersi inventata la pagina di diario che dovevano scrivere per casa: una giornata trascorsa al museo della preistoria con la mamma, grazie alla quale era riuscita poi a prendere un bel 10 (il primo!) nella verifica di storia del giorno dopo. Una fantasia, ma una bellissima fantasia, direi una speranza: che anche nella vita reale si possa imparare quello che la scuola ti richiede e che la scuola possa premiare anche quello che hai imparato nella vita reale.
Nonostante i miei sforzi, sono preoccupatissima per le consegne delle pagelle della prossima settimana. Ricordo che due anni fa, quando ancora non conoscevo bene la classe, dopo 10 minuti in cui una mamma ci parlava di quanto male va sua figlia a scuola (e la figlia era rimasta fuori piangente) ho cominciato a pensare che non stessimo parlando della stessa persona. Mi sono fatta ridare la pagella e ho rivisto tutti quegli 8 e quei 9 e le ho detto: "Ma sua figlia è brava! Esca subito a dirle che è brava e andate a casa a festeggiare!"
Ha cominciato a sorridere ed è andata a casa contenta.