lunedì 31 ottobre 2011

Ricetta del dettato con i punti, ovvero come far diventare gioco un esercizio di ortografia

IL DETTATO CON I PUNTI

Il dettato con i punti è un esercizio che ha i seguenti scopi:
- allenare l'ascolto e la concentrazione 
- riconoscere i suoni e tradurli nei corretti segni grafici 
- avere l'occasione di sentire e trascrivere un'ampia quantità di vocaboli 
- riscrivere più volte parole complesse 
- allenarsi al riconoscimento dei propri errori e all'autocorrezione 

Essendo un esercizio che riguarda la fonetica e l'ortografia, l'unico criterio per scegliere il testo da dettare è che si tratti di un testo interessante dal punto di vista del suono delle parole, per questo vanno benissimo le filastrocche, le poesie o i brani estratti da libri di letteratura (di solito molto attenti al ritmo della prosa). Io uso spesso gli incipit di grandi classici di letteratura per ragazzi. Naturalmente è possibile dettare qualsiasi testo, anche un qualunque articolo di giornale. Il suggerimento è comunque quello di non scegliere brani banali e poco stimolanti per il bambino.

Il dettato con i punti è strutturato come un gioco e quindi ha delle regole precise, che non possono essere modificate di volta in volta.

Per prima cosa occorre distinguere il tempo del gioco dal tempo al di fuori del gioco, per questo motivo c'è una formula per cominciare il gioco e una per chiuderlo. In classe di solito uso "Silenzio uno, silenzio due, silenzio tre" per cominciare e "Sospiro di sollievo" per terminare.

Regole:

Il testo viene letto tre volte dall'adulto e una volta dal bambino: l'adulto fa una prima lettura seguendo il senso del testo, in modo tale che il bambino possa conoscerne il contenuto prima della dettatura; la seconda lettura è la vera e propria dettatura, si detta articolando molto bene le singole parole e aspettando che il bambino abbia terminato di scrivere prima di passare alla parte successiva, si dettano anche la punteggiatura e gli eventuali "a capo" per i testi poetici; la terza lettura è la lettura di controllo, viene quindi fatta una lettura normale a senso ma con l'esplicitazione dei segni di punteggiatura. Dopo la terza lettura viene lasciato il tempo al bambino di rileggere silenziosamente da solo il proprio testo per verificare eventuali errori. 

Durante il gioco non si può fare nessun rumore inutile, alzarsi, alzare la mano, ripetere l'ultima parola del dettato o chiedere di ripetere, pena la perdita di un punto nel punteggio totale del dettato. 

Il gioco finisce alla fine della rilettura autonoma da parte del bambino e quando l'adulto dice una formula di conclusione, come ad es. "Sospiro di sollievo". 

Quando i bambini diventano sempre più bravi si possono aggiungere delle difficoltà: fare meno letture, dettare più velocemente, dettare testi più lunghi e difficili, dettare un testo all'inverso, fare un dettato di parole senza senso (in modo che possano concentrarsi solo su come trasporre i suoni in forma scritta) e qualsiasi cosa vi suggerisca la fantasia. L'importante è avere sempre un testo scritto di riferimento, che possa far fede in caso di controversia! Un'altra cosa importante: non trascurate mai la pronuncia mangiando le parole o accorciando e attaccando parole staccate: ricordatevi che è un esercizio e non una verifica, quindi lo scopo è imparare e non verificare quanto già sanno o non sanno. 

Correzioni e assegnazione dei punti

- L'adulto corregge il testo esclusivamente sottolineando per intero ciascuna parola sbagliata (e non solo il punto dove si trova l'errore, ad esempio in corrispondenza di una doppia mancante). 
- Il bambino riscrive le parole segnalate dall'adulto in basso o a lato del testo, cercando da solo la forma corretta. 
- Punteggio: il punteggio parte da 10, viene tolto un punto per ogni errore ortografico, tranne per gli errori su nomi propri stranieri che il bambino non ha mai visto scritti (es. Shakespeare, Beethoven...!), viene tolto un punto per ogni infrazione delle "regole del dettato con i punti" (domandare, interrompere ecc.) 

E' importante che l'adulto non suggerisca né durante il dettato né mentre corregge quale è la forma corretta, che deve essere trovata dal bambino. Solo dopo l'auto correzione del bambino, se ancora presente l'errore, l'adulto scrive la forma corretta e la fa ricopiare al bambino.

Ricordatevi di gratificare qualsiasi progresso del bambino, sottolineando nel vostro commento quanto è migliorato e quanto è stato bravo. Il bambino che "sta al gioco" è tre volte bravo: perché ha fatto sia un esercizio di attenzione (non si è alzato, non ha interrotto, non ha fatto domande, non ha chiesto di ripetere...), sia un esercizio di ascolto, sia un esercizio di ortografia. 
Bravo, bravo, bravo!

    Trentacinquesimo giorno, scrivere giocando

    Venerdì ho cominciato la giornata con il dettato con i punti, del quale vi ho già parlato, vi metto il link con la ricetta. Ci vuole un po' di impegno, ma i risultati sono garantiti. Potete farlo anche a casa, se vedete che vostro figlio continua a fare errori di ortografia che poi penalizzano inevitabilmente la sua produzione scritta. L'importante è non presentare la cosa come una punizione o come una tortura, ma come un gioco. Certo, con la classe il gioco funziona meglio, ma se a casa vi fate furbi scegliendo testi divertenti o assurdi da dettare allora potete riuscire a far diventare la cosa più interessante... Quest'anno ad esempio proverò anche a scrivermi un testo di non-parole (parole a caso senza significato ma con suoni verosimili nel nostro sistema linguistico, come ad esempio "martuneccia") voglio fare però un testo, con tanto di punteggiatura e rispettando la sintassi, volendo si possono mantenere desinenze sensate su parole insensate... vedremo, poi vi farò sapere!
    Comunque, tanto per non farvi pensare che faccio passare i venerdì ai miei bambini zitti e muti, vi racconto anche che alla fine del dettato abbiamo fatto una gara di testi. Sei gruppi di quattro bambini e questa consegna: "Avete 40 minuti per inventare una storia che abbia come protagonisti degli oggetti. Nella storia devono esserci almeno un dialogo e una descrizione. Quando suona la prima sveglia dovete aver finito la storia. Dopo ci sono 10 minuti di tempo da dedicare solo alla revisione e alla correzione, quindi suonerà un'altra sveglia e tutti consegneranno i fogli. Un rappresentante per ogni squadra leggerà il testo ad alta voce, i compagni (tranne quelli del gruppo) potranno dare un punteggio da 1 a 3 alla storia. Sommando i punteggi otterremo il gruppo vincitore della gara". Altra regola: io e la collega di sostegno potevamo rispondere solo "sì" o "no" alle loro eventuali domande.
    Ci sono stati 40 minuti di febbrile lavoro di gruppo, intanto noi maestre osservavamo la partecipazione dei singoli all'interno dei gruppi: solo una bambina era un po' poco collaborativa (su 24 non è male!) Poi erano tutti emozionatissimi nel leggere le storie davanti a una giuria concentratissima. Vi dico subito che noi abbiamo fatto il voto palese: al mio "tre" dovevano alzare la mano e indicare con le dita il punteggio assegnato. Questo sistema però non funzionava molto bene perché si facevano le ripicche: osservavano il punteggio assegnato al testo e, se era basso, appena ne avevano l'occasione lo ricambiavano... la prossima volta faccio segnare il punteggio segreto su un foglietto.
    I risultati? Tre racconti bellissimi, corretti e proprio originali e divertenti, uno così così e due un po' troppo caotici o scorretti. Oggi li correggo a penna e poi li riscriveranno: devono diventare tutti bei racconti, poi li illustreranno e li appenderemo.

    mercoledì 26 ottobre 2011

    Trentatreesimo giorno, bestioline da nutrire

    Oggi lavoro il pomeriggio, approfitto per usare la mattina per preparare in maniera scientifica le prossime lezioni di grammatica. 
    Ma mentre penso a come spiegare in maniera semplice i pronomi personali clitici mi attraversa la testa come un lampo il discorso che ho fatto ieri sulla fantasia: dar nutrimento alla bestiolina che ciascuno ha dentro di sé. Forse dovrei concentrarmi su questo oggi, e cominciare con il fare un regalo a quelle piccole bestioline maltrattate che abitano nei miei bambini, alimentate in gran parte con il cibo precotto, confezionato e a lunga scadenza della TV e dei videogiochi. Cerco del cibo sano e gustoso per le loro bestioline della fantasia... 
    Ecco pronto il mio regalo per oggi: otto strisce in due facciate del meraviglioso Calvin & Hobbes di Bill Watterson!
    Se lo conoscete sapete di che cosa parlo, se ancora non lo conoscete guardate qui Calvin e Hobbes sull'encicolpedia del fumetto e poi correte a comprarvi un albo della Comix di Watterson, anche le nostre bestioline meritano ancora nutrimento!

    P.S. Il fatto che l'argomento "fantasia" non sia compreso nel programma di nessuna materia e che io decida comunque di dedicargli (pronome atono!) del tempo è un problema di chi ha scritto i programmi, non un problema mio!
    Ok, se questo vi sconvolge le budella vi dirò che l'attività di oggi è "finalizzata all'ideazione, la progettazione e l'analisi di testi" oltre che all'"osservazione delle diverse tecniche di produzione di immagini". 
    Ora vi sentite più tranquilli? 

    martedì 25 ottobre 2011

    Trentaduesimo giorno, anche Rodari invecchia?

    Correggiamo assieme i compiti che ho dato per casa: bisognava continuare da soli una storia di Rodari. Oggi porto il finale originale della storia. Leggono le loro proposte, molte delle quali davvero divertenti e originali. Poi leggo il finale originale e chiedo: "Preferite le vostre storie o la storia originale?" e mi rispondono in coro "Le nooooostre!" Riusciamo ad individuare che questo accade perché pensano di aver avuto idee più originali.
    Mi sento ispirata e apro una piccola parentesi sulla fantasia. Spiego che la fantasia è un piccolo animaletto che vive in ciascuno di noi, se non lo nutriamo e non gli prestiamo ascolto diventa sempre più debole, così debole che non riusciamo a sentire la sua voce. La nostra mente allora non può fare altro che viaggiare su binari già segnati e raccontare storie già raccontate, fare disegni già visti. Se invece cominciamo a nutrire il nostro animaletto con cose che ci sorprendono, libri, film, viaggi, musei, persone, allora lui prenderà sempre più forza e riusciremo a sentire la sua voce. Spiego che per nutrire la fantasia dobbiamo provare a vedere le cose da un altro punto di vista, a rovesciare concetti che sono dati per scontati, per permettere alla nostra testa di costruire nuovi binari sui quali viaggiare.
    Si passa all'esercizio di scrittura: devono dividere un foglio in 8 parti uguali e inventare una storia da rappresentare in 8 vignette (solo disegni, vietate le parole!). Quando hanno finito, sul retro del foglio devono raccontare la stessa storia solo con le parole.
    Caterina ha raccontato la storia di un cane che porta a spasso il suo padrone. 
    Forse il discorso sulla fantasia ha dato nutrimento a qualche bestiolina.

    lunedì 24 ottobre 2011

    Trentunesimo giorno, comparsa.

    Oggi si va in gita.
    Sono ancora stanca degli impegni del fine settimana, è quindi con grande gioia che mi accodo ad una gita naturalistica organizzata dalla collega con il supporto di Guido la guida. Guido decide dove andare, come andare, quando fermarsi, che cosa spiegare, come farli camminare, quando farli mangiare, quanto farli riposare. Guido sa dove si può star tranquilli e dove bisogna stare attenti. Approfitto della situazione per scegliere il ruolo più di sfondo a disposizione: faccio la maestra che chiude la fila, quella che controlla che nessuno si perda, che aspetta quando qualcuno si deve fare i lacci delle scarpe, che distrae chiacchierando quelli che pensano di non farcela più, che fa finta di non esserci per lasciarli divertire con i loro assurdi discorsi.
    Oggi faccio il cane che scodinzola per chiudere il gregge. Il bastone da pastore questa volta lo porta qualcun altro.

    venerdì 21 ottobre 2011

    Trentesimo giorno, se Robin Hood diventa un Indignato

    Correggo i testi che hanno inventato ieri partendo dall'incipit di Robin Hood e trovo questa proposta di Antoine: "Così il re mise una nuova tassa ai ricchi, così poté dare dei soldi ai poveri".
    Dopo aver eletto Matteo Ministro della pubblica istruzione, avrei pronta una poltrona da proporre anche per Antoine... voi a quale pensate?

    giovedì 20 ottobre 2011

    Ventinovesimo giorno: da Robin Hood al tè

    Quattro assenti, tra influenzati e infortunati. Clara arriva in ritardo accompagnata dalla mamma, che chiede di parlarmi e mi spiega che la figlia soffre di emicrania e non riesce a dormire bene.
     Antonia ha già cominciato a tenersi la gola e a respirare corto, la guardo e le dico di prendere un bel respiro profondo... e poi ancora un altro. Respiriamo assieme. Per questa mattina siamo riusciti a non vomitare. Una bella soddisfazione.
    Decido che la giornata di oggi deve essere impostata nella massima calma. Facciamo il nostro "Buongiorno" e poi un bel dettatino, il mio dettato con i punti, del quale (prometto!) vi darò presto la ricetta. Oggi ho scelto l'incipit di Robin Hood. Per una mezz'ora li ho calmi, tranquilli, concentrati.
    Non voglio interrompere l'aria serena che si è creata e allora li metto a creare la continuazione della storia, con personaggi e trama inventati da loro. Fanno qualche domanda e poi al lavoro, tra schemi, scrittura e revisione fino al riposo.
    Ho ancora bisogno di riprendermi: giornate molto faticose alle spalle e molta fatica ancora da affrontare... ecco la merenda che mi sono preparata: tè vero, fatto con un mini-bollitore e bevuto nella mia tazza proprio allegra! Accompagnato da un pandolce fresco...
    La giornata prosegue con analisi di testi, lettura e analisi di fumetti, creazione di piccole finestrelle di cartoncino e carta velina in tema Halloween.
    Oggi la rivoluzione delle matite si è occupata della serenità della maestra!

    mercoledì 19 ottobre 2011

    Ventottesimo giorno, thriller.

    Che dirvi della giornata di oggi? Di quelle giornate che per raccontarle ci vorrebbe un libro intero. 
    Forse pensavate che in una giornata in classe ci fosse solo una cosa, di interessante, da raccontare. Provate a stare 4-5 ore in una stanza con 25 persone e vedrete che ogni giorno si potrebbe scrivere un romanzo. Ho scritto "provate a stare con 25 persone", certo se pensate di stare solo in una classe, allora potreste anche cavarvela più a buon mercato. 
    Oggi una giornata da thriller.

    La prima notizia che mi ha accolta in classe è stata quella che Antonia ha di nuovo vomitato. Penso a che cosa fare: anche ieri Antonia ha vomitato, e ha vomitato due volte, e abbiamo chiamato a casa e non sono venuti a prenderla prima. E oggi eccola a scuola, ed ecco che vomita ancora. Tergiverso, poi mi decido a richiamare la famiglia. Mi viene risposto che non possono venire a prenderla perché lavorano. E che ieri sera a casa stava bene. Obietto che forse è il caso di parlare con il pediatra. Ma intanto decido di parlare con Antonia, a parte, durante la ricreazione.

    Mentre ci prepariamo per andare a pranzo loro prendono corde e palloni per giocare in cortile. Caterina gira la corda a cappio attorno al collo di Daniele. Daniele è inginocchiato a terra come un cagnolino. Sbarro gli occhi, ho la prontezza solo di dire qualche parola sconnessa: "La corda! Attorno al collo! Ma state scherzandoooo?!?" Intanto altri si fanno cadere i palloni in corridoio. Ordino di riporre corde e palloni in classe alla velocità della luce.

    Dopo pranzo, in cortile, mi siedo con Antonia per cercare di capire se c'è qualche cosa che non va. Antonia comincia a parlare di come si sente ma viene interrotta da altri bambini corsi ad avvisarmi che Caterina si è fatta male. Con Antonia vado a vedere che cosa si è fatta Caterina: correndo è inciampata sul basamento del canestro battendo il ginocchio. Piange e zoppica. Raduno tutta la classe e prendo Caterina sottobraccio: andiamo in bidelleria a mettere il ghiaccio. Con il ghiaccio andiamo in classe. Metto tutti seduti e spiego che, vista la brutta aria che tira in questa giornata, finiranno la ricreazione seduti al proprio posto con la scelta tra una delle seguenti possibilità: 1. leggere, 2. disegnare, 3. dormire.
    Prendo due sediette e mi metto con Antonia appena fuori dalla porta, in modo tale da poter continuare a farla parlare senza che i compagni possano sentire; nel frattempo posso vedere che cosa combinano in classe.
    Ascolto discorsi difficili, porgo fazzoletti per soffiare il naso e asciugare le lacrime. Giungiamo a un abbozzo di sorriso e a un accordo. 
    Posso tornare a vedere come va con il ginocchio di Caterina. Gonfio e rosso. Decido di chiamare la mamma e di fare la dichiarazione di infortunio. Vado in segreteria lasciando la porta della classe aperta e avvisando la collega della classe affianco.
    Torno dalla segreteria. 
    Mi resta ancora un'ora e mezza, forse finalmente posso cominciare a insegnare.

    martedì 18 ottobre 2011

    Ventisettesimo giorno, LIM, link e ipertesti

    Oggi ho chiesto in prestito l'aula con la LIM (Lavagna Interattiva Multimediale) alle colleghe di III: quando loro sono andati a pranzo noi siamo scesi a usare la loro lavagna. Visto che parteciperemo a una rappresentazione del Nabucco di Verdi, volevo far vedere alla mia classe qualche video.
    Indovinate quale è piaciuto di più...
    Voglio ancora aggiungere che QUESTO è un ipertesto, e che invece un ipertesto non è, come abbiamo trovato scritto sul libro e sulle schede, solo "un testo scritto al computer"!

    lunedì 17 ottobre 2011

    Ventiseiesimo giorno: un grazie ai bravi

    Una giornata lunga e densa: studiare grammatica, scrivere il progetto per l'attività di teatro, sentire al telefono la collega con l'influenza, andare a scuola, fare lezione, parlare con un genitore, studiare grammatica, parlare con una segretaria, rendersi conto di non essere andata alla riunione di un'associazione di insegnanti e chiedere scusa, finire di scrivere il progetto per teatro.
    Ora è il momento di buttarsi a letto.
    Mi resta solo la forza di ringraziare Michela, Michele e Matteo che oggi hanno continuato a partecipare alla mia lezione sull'analisi del testo narrativo fino all'ultimo minuto del pomeriggio, senza mai distrarsi o guardare l'orologio. 
    Sì, molti degli altri dormivano già da un po', ma anche i più bravi meritano di ricevere nutrimento adeguato alle loro fulgide menti! 

    venerdì 14 ottobre 2011

    Venticinquesimo giorno, giusto o sbagliato?

    Caterina arriva da un'altra scuola, e prima ancora da un'altra scuola, e in mezzo c'è stato un terremoto con la casa crollata e un trasferimento.
    Caterina non ascolta, guarda l'aria, oppure disegna, le domando se ha capito, se ci sono domande, se queste cose le ha già fatte o sono nuove e mi risponde che sì ha capito, che sì le ha fatte. Allora provo a farle fare qualche esercizio, a farle qualche domanda e scopro voragini enormi sopra alle quali galleggia di tanto in tanto qualche iceberg: c'è qualche cosa che sa. Caterina salta intere parole quando detto una consegna, e scrive una parola al posto di un'altra, fa molti errori di ortografia, ma non mi sembra disortografica. 
    Mentre facciamo lezione Caterina alza la mano per intervenire e a riposo viene a raccontare qualche piccolo episodio della sua vita: "Hai visto? Oggi ho il maglione di lana con Hello Kitty". Si è integrata bene con le compagne di classe, con le quali è anche molto affettuosa.
    La sua verifica di storia era la concretizzazione su carta di una grande confusione di concetti mescolati, spostati, accavallati; di parole che non sempre formavano frasi.
    Oggi ho dato in mano a Caterina la sua verifica di storia con il suo 5 scritto a penna rossa, spiegandole che cosa c'era che non andava. 
    E quando è andata via con la sua faccia triste per tornare al posto mi sono chiesta, ancora una volta, se il 5 può essere una cosa giusta o è sempre una cosa sbagliata.

    giovedì 13 ottobre 2011

    Ventiquattresimo giorno, donne che trainano buoi

    Un po' di tempo fa vi avevo raccontato di quando, durante la lezione di storia, abbiamo scherzato su un'apparente banale confusione: l'inversione della frase "donne che guidano carri trainati da buoi" nella frase "donne che trainano carri guidati da buoi" (vd. storia, che risate!).
    La storia continua. 
    Finalmente ho corretto le 25 verifiche di storia, che vuol dire le 375 risposte alle 15 domande che ho preparato. Una noia mortale che ho tentato di diluire in un arco di tempo, ma poi mi sono trovata a passare la mattinata di oggi a correggerne una buona metà. Non vi dico lo scoraggiamento nel constatare che sono pagata per passare ore a mettere accenti su "civiltà" e "sviluppò". 
    Ma torniamo ai buoi. Quando è il turno della verifica di Arlette (era stata lei a innescare la miccia di quel gioco di parole) leggo (e riporto testuale): "Le donne [cretesi n.d.r.] erano libere facevano quello che fanno gli uomini tipo andare a caccia, trainare buoi, lavorare i vasi".
    Povere donne, poveri uomini e povera la mia piccola Arlette: a forza di giocare su quella frase scherzosa le è rimasta in testa con maggiore forza della frase corretta!
    E adesso di chi è l'errore?

    mercoledì 12 ottobre 2011

    Ventitreesimo giorno, una strega sblocca una situazione difficile

    Alan è spesso imbronciato. Come punto di partenza Alan pensa che una qualsiasi cosa gli si proponga sia necessariamente difficilissima quando non impossibile. In ogni caso tutto è una tortura. Quando Alan si sente incastrato contro un muro, allora arriva la rabbia: sbuffa, si irrigidisce e scatta. Si alza e va via, a volte in qualche altro punto della classe, a volte fuori dalla classe, nel corridoio, oppure corre a chiudersi in bagno. Delle volte lancia oggetti oppure prende a calci qualche cosa. L'anno scorso Alan ha insultato ben due volte la collega. Quando occorre spostarsi da un posto a un altro, Alan fa in modo di essere il più lento: vuole essere ultimo e farsi aspettare.

    Con Alan occorre avere molto sangue freddo, ed essere molto creativi.
    Oggi ha cominciato a lamentarsi per il fatto di dover portare una maglia o una giacca per uscire in cortile dopo pranzo: "Ma dobbiamo portare la giacca? Ma io ho solo questa giacca pesante! Ma io non ho la felpa! Ma io ho caldo! Ma io non voglio portare la giacca! Ma dobbiamo portare la giacca?!..." Nel corridoio della mensa mi si avvicina con la faccia imbronciata: "Ma bisogna tenere addosso la giacca?! Ma io ho caldo!!".
    Mi fermo, sfodero i miei migliori occhi da strega e glieli fisso dritti in faccia, con le mani rattrappite e con aria vagamente folle e spiritata inizio a dire: " Sììììì, bisogna tenere la giacca addooossooo, e tenerla ben chiusa, e quando finalmente vedrò che comincerai a squagliarti lentamente come una candela accesa che consuma la sua cera, quando sarai diventato solo un piccolo mozzicone di candela... allora ti dirò: devi ancora tenere la giacca!"
    Intanto Alan si scompiscia dalle risate.

    martedì 11 ottobre 2011

    Ventiduesimo giorno, un salto di qualche centinaio d'anni

    Io: - Sapete quali sono stati gli autori più importanti per la nascita della lingua italiana?
    Loro: - ...
    Io: - Dai, uno lo conoscete di sicuro, è famossissimo e ha scritto un'opera molto conosciuta...
    Loro: Dante! Dante Alighieri, sì, ha scritto la Divina Commedia! Sì è vero!
    Io: Bravi! Dante è chiamato il padre della lingua italiana. Ci sono altri due scrittori importanti per la nascita della lingua italiana, qualcuno sa come si chiamano?
    Loro: - ...
    -...
    -... Italo Calvino?

    lunedì 10 ottobre 2011

    Ventunesimo giorno, facciamo che io ero grande?

    Oggi niente scuola...
    Facciamo che io ero grande e prendevo il treno da sola, e poi andavo in una città bellissima, però non troppo lontana. E poi ero vestita benissimo perché andavo a fare una cosa importante. E poi conoscevo delle persone molto simpatiche e mangiavo solo quello che volevo io e all'ora che volevo io. Facciamo che mangiavo una torta al cioccolato e pere che era una fetta gigante e super buona. E poi facciamo che vedevo un tramonto fantastico... Dai, facciamo? Facciamo che io ero grande?
    Ma poi facciamo anche che durava più di un giorno? Dai, facciamo...
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    venerdì 7 ottobre 2011

    La scuola, così come ci viene data...

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    Ventesimo giorno, muro contro muro

    Credo che una scuola che funziona bene ha come priorità la sicurezza, il benessere, l'educazione e l'istruzione dei suoi allievi (uso tutti indicativi!). Se ci pensate bene se si pongono queste condizioni come prime e ineludibili anche tutte le altre persone sono soddisfatte: le famiglie, gli insegnanti e quindi anche le famiglie degli insegnanti. Tutti soddisfatti. Come dicevo da bambina: “sono tutti felici e rotondi”!

    Tutti rotondi tranne i presidi. 
    In questi anni la figura del preside è stata trasformata in quella di Dirigente Scolastico, il che significa che ha un contratto più simile a quello di un manager che a quello di un insegnante. Se aggiungiamo che la legge Brunetta ha stabilito un inasprirsi delle sanzioni disciplinari che può assegnare ai suoi sottoposti (anche in caso di “alterco”) e che può ricevere dai superiori (se si dichiara in disaccordo con quanto espresso dal Ministro) otteniamo una sorta di rivisitazione del Kapo. Deve far applicare leggi, regolamenti, decreti, circolari spesso confuse e in contraddizione, deve puntare il più possibile al risparmio e gli viene sventolata sotto il naso la carota della razione supplementare di cibo: l'incentivo economico di fine anno. Triste condizione quella del Dirigente Scolastico, gli restano solo la burocrazia e le rogne e non può accedere alle soddisfazioni della didattica. Per questo, quando ai primi di settembre molte colleghe mi hanno chiesto se mi fossi iscritta al concorso per presidi, ho risposto serenamente che non ci penso proprio: non è un lavoro divertente.
    Ciò detto i presidi, ops Dirigenti Scolastici, scelgono da che parte stare, cioè scelgono tra avere come priorità il risparmio (e quindi il guadagno personale) o il funzionamento al meglio possibile della struttura che dirigono. Mi sembra evidente che i due obiettivi non possano andare di pari passo. 
    Questa è la battaglia che stiamo ingaggiando in questi giorni con un gruppetto di colleghe. Ed è una battaglia che non vuole essere contro la categoria o la persona del Dirigente Scolastico, ma che vuole essere contro un concetto di scuola che ha rovesciato le priorità. La nostra battaglia, che può essere combattuta assieme, non chiede altro che il rispetto delle leggi sulla sicurezza (numero di alunni per classe) e il rispetto della continuità didattica (sostituzione con supplenza di assenze programmate e non impreviste dei colleghi).


    Tutti noi che frequentiamo la scuola la troviamo in questo stato, con muri grigio-marroni come questo, con bagni dove si preferisce scrivere “guasto” con un pennarello scarico piuttosto che occuparsi delle riparazioni, con turni inverosimili per le pulizie, con code di classi portate in giro dai bidelli per essere divise in altre classi, già piene di altri alunni. 
    Vorremmo veramente che su questi muri sporchi si mettessero dei grandi, enormi fogli bianchi, per poter ripartire domandandoci di nuovo con semplicità: quali sono le cose più importanti da scrivere su questo foglio? Quali sono in questo momento le priorità per la nostra scuola?



    giovedì 6 ottobre 2011

    Diciannovesimo giorno, in cui si celebra degnamente la giornata dell'insegnante

    Io: "Oggi vorrei parlare con voi di una cosa importante: ieri 5 ottobre era la giornata internazionale dell'insegnante"
    Matteo, il grammatico dell'ultimo banco, esclama convinto: "Ah, ecco perché ieri sera c'erano i fuochi d'artificio!"

    Propongo Matteo come prossimo Ministro della Pubblica Istruzione!

    mercoledì 5 ottobre 2011

    Diciottesimo giorno: privacy, lupi e fantasmi

    Questa mattina ho aperto Wikipedia per fare una ricerca e ho trovato il comunicato (comunicato 4 ottobre). 
    Mi sembra il giorno giusto per parlare di una questione che mi sta a cuore: la privacy.


    I lupi cattivi esistono ed è necessario cacciarli e punirli per le loro cattiverie, anzi, di più: è necessario fare in modo che non riescano a compierle.

    Questo è il blog di una maestra, una maestra lavora con bambini, quindi con minorenni. Una maestra, anche se lavora con bambini, ritiene di poter parlare del proprio lavoro.
    Naturalmente ho sostituito tutti i nomi con nomi inventati, naturalmente non metterò mai la foto di un bambino. Per lo stesso motivo non scriverò da nessuna parte in quale scuola lavoro, in quale città abito, in quale regione mi trovo: perché non sia possibile in alcun modo risalire all'identità dei bambini. Non potrò fotografare i loro disegni o i loro quaderni, anche se il nome non si vede.

    Tutto questo è terribilmente triste, non per me che devo usare questi accorgimenti ma per il significato che queste misure veicolano e sul quale nessuno pare riflettere.
    Le leggi sulla privacy sono state fatte per proteggere le persone in generale e i minori in particolare. Occorre però anche guardare a quello che sta attorno a queste leggi, cioè quanto la cultura, legale, della società collabori o non collabori con la formazione di un corretto rispetto delle persone in generale e dei minori in quanto persone.
    Credo che sia stato messo in piedi un complesso sistema culturale che sta togliendo a un'ampia fetta della popolazione, i bambini, il diritto all'identità. Si sta impedendo ai bambini di avere un loro posto e un loro ruolo nella vita reale. Il bambino diventa una sorta di proprietà del genitore: è il genitore a gestire completamente la sua presenza/assenza nel mondo. Quello che vediamo tutti è che se il genitore può acquistare fama o soldi con l'immagine del bambino, come accade con le baby-star, con le baby-modelle, con i bravo-bravissimo, con i piccolo Darwin, con i chi ha incastrato Peter Pan, allora la sua immagine si può vedere.
    Trovo invece che anche queste siano terribili violazioni al diritto all'identità del bambino in quanto persona. Le bambine che vediamo vestite leopardate con tacchi e rossetto, le modelline che ancheggiano dai cartonati dei negozi di abbigliamento, se pur ci è concesso di vederle, sono offerte ai nostri occhi trasformate nella loro identità. Non molto diversamente da quando vediamo le loro immagini oscurate sul viso. I piccoli geni messi sul palco, o i furbetti presi in giro dal presentatore di turno, sono ancora rappresentazioni distorte: offrono solo il triste spettacolo del più forte che si prende gioco del più debole e che ride alle sue spalle.
    Ci deve essere qualche ragione per la quale la società nella quale viviamo somma alla paura dell'adulto che può far del male al bambino (statisticamente in moltissimi casi è un parente) la paura dell'identità del bambino in quanto tale, e finisce col negare l'infanzia. Negare l'infanzia è molto semplice: basta non dare il diritto al bambino di esprimersi in quanto persona. Non ha diritto ad avere la sua faccia e il suo nome, non ha diritto ad avere il suo abbigliamento anziché quello modello Corona e Belen in taglia lillipuziana, non ha diritto ad avere i suoi sguardi allegri e tristi anziché la maschera da duro (per i maschi) o da provocante (per le femmine).
    Anche gli educatori a volte partecipano inconsapevolmente a questa negazione del bambino come persona. In alcuni striscia ancora subdola l'idea del bambino come una pianta storta da raddrizzare, un adulto imperfetto. Non si danno più bacchettate reali, ma esistono le bacchettate psicologiche. Per negare l'identità del bambino come persona l'adulto, in qualsiasi ruolo si trovi, basta che veda il bambino senza guardarlo e lo senta senza ascoltarlo. Il bambino dà fastidio, fa rumore, fa domande in momenti inopportuni, si muove troppo, quindi alcuni pensano che la giusta reazione a questo sia sgridarlo, non ascoltarlo, tenerlo fermo, salvo poi lasciare che “si sfoghi” in determinati contesti (avete presente quando avreste voluto una cenetta tranquilla al ristorante e un gruppetto di 4 bambini si è messo a correre e gridare proprio attorno alle vostre sedie?).
    Se inserite questo atteggiamento attuato da parte degli adulti di riferimento nell'atteggiamento della società che ho sopra descritto si ottiene semplicemente un disastro per il benessere psicologico e affettivo del bambino: un fantasma al quale nessuno dà il diritto di esistere come persona reale, e che quindi comincia a trascinare rumorosamente le sue catene. Una testa che viene oscurata da una nuvoletta e un corpo che viene anzitempo plasmato sugli atteggiamenti di quello adulto, una voce che non viene ascoltata e allora grida.

    In qualsiasi ruolo si trovino gli adulti che invece considerano i bambini come persone, come curiose persone delle quali sappiamo così poco e che hanno un sistema di funzionamento così spontaneo e complesso, hanno ogni giorno ad attenderli un mondo di sorprese.
    Intanto, se riconoscete i bambini come persone loro faranno altrettanto con voi.
    Mi succede spesso di andare a fare un'ora di supplenza in qualche altra classe della scuola. Più di una volta mi sono state segnalate classi difficili e bambini impossibili; ho visto più di una cattedra con pile di libretti (e ho sbirciato le note... “non sta fermo”, “si alza”, “parla con il compagno”...). Quando vado a fare supplenza in una classe penso che nessuno meriti la tortura di stare un'ora senza fare niente, allora mi porto una lettura divertente sulla quale discutere assieme, o il progetto per un disegno che possa dar loro qualche soddisfazione, oppure un bel CD di musica. Mi presento, parlo con loro, ascolto le loro domande e quello che vogliono dirmi. Non sono mancate alcune situazioni difficili di bambini che hanno cominciato a insultarsi per inezie; discuto le ragioni dell'uno e dell'altro, li separo, se necessario li sgrido con fermezza e cerco di non mostrare rabbia. Più di una volta, alla fine dell'ora, il bambino più turbolento ha chiesto di potermi dare la mano in fila. Ho sempre accettato. L'adulto che semplicemente considera il bambino come persona, con la sua identità, i suoi problemi, le sue gioie e le sue tristezze, ottiene in cambio il riconoscimento di se stesso come adulto e ottiene in regalo i gesti più commoventi.
    Conosco un bambino molto problematico di un'altra classe. Qualche giorno fa l'ho incontrato al supermercato, era con la madre che comprava birre e intanto lo sgridava a corrente alternata in due lingue diverse. Ero in fila alla cassa dopo di loro. Quando ha alzato la testa e mi ha vista mi ha fatto un sorriso felice e meravigliato “Ciao!”. Ho risposto al sorriso e al saluto e l'ho risalutato anche quando, trotterellando dietro la mamma per uscire, si è girato: “Ciao!”. E quando un adulto ti dice “ciao” sorridendo significa che non è stata una seccatura incontrarti, e quando un bambino che ha grossi problemi ti saluta con quel sorriso vuol dire che, in qualche modo, gli hai dato qualche cosa di buono.

    Non sono la Fata Turchina o Trilly, non faccio magie e non ho polverine magiche, sono solo Cappuccetto Rosso diventata adulta e sono anche diventata una maestra esigente e severa (vi racconterò anche questo). Solo che ricordo che una volta ero bambina, ricordo quali pensieri e quali emozioni si possono avere e ho la curiosità di conoscere pensieri, ragionamenti ed emozioni di quelle persone che, nonostante tutto, sono ancora bambine.

    Che bello sarebbe un mondo popolato da bambini con i loro volti, i loro nomi, i loro giochi, le loro creazioni e le loro idee. Farebbe un gran bene anche a noi adulti.



    martedì 4 ottobre 2011

    Diciassettesimo giorno, "Forse non tutti sanno che..."

    È un po' che non mi capita di leggere la Settimana enigmistica, la trovavo in gabinetto a casa della nonna, oppure dalla zia. Qualche anno fa ho scoperto che un mio amico emigrato all'estero ne va matto e ne ho spedita qualche copia fino a Londra. La Settimana enigmistica è comunque una delle poche certezze nella vita di questo nostro tormentato Paese: possono cambiare i governi, fare e disfare manovre, parlare di secessione, ma Lei resta sempre la stessa. Più immutabile della Costituzione.
    Sono sempre stata pessima nello svolgere cruciverba e test, quindi mi limitavo a leggere le rubriche e le barzellette. Oggi mi piace ricordare la rubrica “Forse non tutti sanno che”, tra le mie preferite. Provo ad applicarla alla scuola perché mi capita spesso di vedere facce meravigliate quando dico in che cosa consiste il nostro lavoro.

    Le maestre (oltre il 90% sono donne) hanno un contratto per 24 ore settimanali, 22 con i bambini e 2 di programmazione settimanale obbligatoria. A queste vanno aggiunte un massimo di 40 ore all'anno per riunioni varie e collegi docenti. I professori delle medie e delle superiori hanno un contratto di 18 ore a settimana e non hanno l'obbligo di programmazione settimanale, hanno le stesse ore per le riunioni. Le maestre, pur lavorando 6 ore in più a settimana, hanno lo stipendio più basso dei professori.

    Da poco meno di 10 anni per fare la maestra occorre avere la laurea in Scienze dell'educazione primaria, mentre prima bastava la vecchia maturità magistrale. Da quando è stato cambiato il titolo di accesso nessuno ha pensato che dovessero cambiare anche il contratto orario e il compenso.

    Le indagini internazionali (Ocse-Pisa) hanno sempre collocato i risultati delle indagini nella scuola elementare ben al di sopra della media internazionale; solo per la scuola media e la scuola superiore i livelli sono risultati inferiori alla media. Parliamo di risultati precedenti alla recente riforma.

    Un test sulle competenze grammaticali è stato sottoposto da Lo Duca e Polato dalla III elementare alla II superiore, identico nelle diverse classi. Si tratta di un test sul riconoscimento dei nomi. Questi i risultati: in V elementare i bambini hanno riconosciuto 82 nomi, in I media 74, in II media 76, in III media 85, in II superiore 87. Ci vogliono più di due anni di scuola media per raggiungere di nuovo i risultati della scuola elementare.

    La riforma ha innalzato il numero minimo e massimo di studenti per classe, ma le leggi sulla sicurezza e le aule sono rimaste sempre le stesse.

    lunedì 3 ottobre 2011

    Sedicesimo giorno, in cui si studiano leggi e si cerca un metro

    Oggi giornata di polemiche tra colleghe, due sono gli argomenti dei quali parliamo in corridoio, in mensa, in cortile:
    1. che cosa dobbiamo/possiamo fare con le nostre ore eccedenti all'orario con le classi (le poche che restano)? Siamo obbligate a darle a disposizione per supplenze oppure possiamo progettare attività didattiche specifiche nelle nostre classi?
    2. quanti alunni possiamo tenere al massimo in classe quando dividono le classi perché ci sono dei colleghi assenti?
    Un'assemblea sindacale della scorsa settimana ci ha messo la pulce nell'orecchio e vogliamo capire come stanno veramente le cose. Aggiungete che giovedì, venerdì e oggi abbiamo avuto regolarmente classi smistate e che si tratta di colleghe assenti per motivi già previsti da tempo. Per due giorni ho fatto sedere qualcuno alla cattedra della collega perché non sapevo più dove mettere i bambini.
    Già dall'anno scorso sostengo che per le leggi sulla sicurezza non possiamo avere più di 26 bambini in classe (non abbiamo le porte larghe 1,20 cm ma 93 cm).
    Oggi mi documento studiando approfonditamente questo manualetto: Scuola pubblica, bene comune che trovo utile e completo. Scopro che devo misurare l'aula, devo mettere nel conto anche me e la collega di sostegno (dobbiamo uscire anche noi in caso di incendio!), devo considerare un massimo di 22 alunni perché ho un alunno con sostegno.
    Stampo due copie del manualetto da far leggere alle colleghe e preparo il metro.

    Qui comincia la tortura/ delle verifiche di storia...


    sono lunghe e so il perché
    dar la colpa devo a me!
    (vd. verifica di storia)