venerdì 18 novembre 2011

Quarantanovesimo giorno, è permesso?

Oggi ho preso un giorno di permesso. 
Devo partire per andare a frequentare un seminario di scrittura creativa. Non ho osato prendere un permesso per aggiornamento (eppure insegno scrittura!), perché non volevo discussioni, perché non volevo che fosse messa in dubbio la mia onestà, perché non volevo che fosse messa in forse la mia partecipazione. Perché non accetto che si cerchi di farmi sentire in colpa se per studiare, raccontare ad altri insegnanti come lavoro o tenere lezioni o conferenze devo (raramente) non presentarmi in classe. Se facessi sport avrei diritto a un sacco di permessi per partecipare alle gare, mi chiedo perché, visto che ho scelto di studiare, devo sempre inventarmi degli escamotage (e provare anche un certo senso di vergogna) se voglio andare a un convegno o seguire un corso.
Sono convinta che per fare bene questo lavoro sia fondamentale non smettere mai di essere curiosi. Prima di tutto curiosi riguardo a quello che hanno da farci scoprire i nostri alunni, ma anche curiosi di continuare a studiare, sapere come in altri luoghi e in altri momenti altri maestri hanno insegnato, condividere, scambiare, discutere esperienze. L'insegnante che vive i suoi 200 giorni di scuola esclusivamente in classe e non legge, non ascolta, non discute, fa un torto alla sua professionalità e priva i suoi alunni di meravigliosi arricchimenti.
Ho preso un giorno di permesso di famiglia, uno sui tre che mi sono concessi. Ho preso un giorno di permesso per poter passare il fine settimana a scrivere. 
Certo: lo faccio per me stessa, ma sono convinta che sarà un'esperienza che mi arricchirà. Non sarà difficile trovare il modo di condividerla con i miei bambini. 

Nessun commento:

Posta un commento