domenica 11 settembre 2011

A proposito di me (1)

Finalmente mi presento. Qualcuno di voi ha già capito chi sono, d'altro canto si può dire che oramai sono quasi un personaggio pubblico. Insomma tutti conoscete la mia storia, o almeno la storia di quand'ero bambina. Qui sotto vedete un ritratto che mi fece un'artista qualche tempo dopo i fatti che tutti conoscete. Vedete il mio mantello, il mio cestino e quel mio famoso cappuccio rosso.
Vi svelo subito una cosa che non vi hanno mai raccontato. Osservate bene il ritratto: ci sono due particolari che nessuno vi ha mai detto. Sì, proprio così, andavo in giro scalza. No, non era un fatto di povertà. Lo facevo perché mi piaceva. Come sapete abitavo in campagna e vi posso assicurare che una delle cose più belle è camminare scalzi sull'erba. Crescendo mi abituai a camminare anche sui sassi, sulle rocce, nel bosco. Avete mai provato il solletico del muschio sotto i piedi?
E poi ecco l'altro particolare, l'artista che mi ha ritratta voleva, diciamo così, essere realistica e non agiografica. Insomma, è vero: il mio naso non è proprio piccolino. Lo so che avete visto tanti miei ritratti con il bel faccino tondo e il nasino a patatina, ma in verità son libertà che si sono prese gli illustratori, per far piacere ai bimbi, o forse di più ai canoni estetici delle mammine. Ecco io il nasino all'insù non l'ho mai avuto. E vi dirò anche da chi l'ho preso questo naso un po' importante: dalla nonna. La nonna aveva proprio un nasone, ma, come dicevano, sapeva portarlo con eleganza.
Vi sarete accorti che ho usato il passato... ma d'altro canto che cosa vi aspettavate? Già al tempo dei fatti a voi noti la nonnina non stava bene. È ben vero che uscì dalla pancia del lupo più arzilla e pimpante di prima, tanto che pensammo che quella scarica di adrenalina doveva aver sortito qualche effetto positivo, però... gli anni passano proprio per tutti, e son passati anche per lei. Devo proprio dirvelo: la nonnina è morta, ed è già qualche anno, oramai. Però voglio rassicurarvi, ha vissuto bene e a lungo; a un certo punto è stata malata per qualche mese. Poi un giorno ci ha salutati e abbracciati tutti e quella notte è morta. Ah, le abbiamo fatto un bel funerale in una piccola chiesetta e un piccolo cimitero. L'abbiamo messa accanto al nonno. E certo, perché naturalmente avevo anche un nonno, ma all'epoca dei fatti che tutti conoscete il nonno non c'era già più, è per questo che nessuno parla mai di lui. Ed è anche ovvio che io abbia un padre, che diamine! La biologia vale anche nelle favole! Già che siamo al momento delle verità scioccanti devo anche dirvi che la nonnina non era la madre di mia madre ma sua suocera.
Come avrete capito chi raccontò la storia tralasciò qualche particolare.
Ma non mi sono fatta viva dopo tanti anni per parlare ancora di quando ero bambina. Oh quante ne hanno dette e quante ne hanno fatte dopo che si è venuto a sapere che avevamo sconfitto il lupo! Insomma in quel piccolo angolo di bosco accadde il finimondo. E vi dirò che non ero poi neanche tanto contenta, io. Alla fin fine, gira e volta, il merito era del cacciatore. Poi, certo, io e la nonnina avevamo avuto, diciamo così, lo stomaco per riempire di pietre la pancia del lupo e, per restare in tema, il fegato di aspettare che lui si svegliasse per vederlo poi uscire assetato verso il fiume e poi, finalmente, vederlo annegare. Però restava il fatto che io non ci avevo fatto poi tanto una bella figura. Lo sapete, no? Avevo disubbidito alla mamma andando a raccoglier fiori, mi ero lasciata tentare dal lupo, avevo messo in pericolo la nonna e me stessa e - sentite questa! - ci furono anche quelli che cominciarono a dire che il lupo non era poi così cattivo, e che ci sono anche i lupi buoni, e che bisogna conoscere bene i lupi, e che non bisogna farsi spaventare da ciò che non si conosce e via dicendo.
Lasciatemi, dopo tanti anni, lo spazio per un piccolo sfogo. Che diamine! Il lupo io lo avevo conosciuto, ci avevo parlato, e ci avevo parlato in un'epoca in cui tutti giravano col fucile al collo e alla prima ombra nel bosco sparavano basso! E io invece, quando lo avevo visto, certo, avevo avuto paura, ma ero una bambina tanto semplice che avevo pensato: non mi farà del male, forse si sente solo e non ha nessuno con cui parlare. Ecco, con il cuore che mi batteva in gola (e questo nessuno ve l'ha raccontato, a chi importavano le mie emozioni?) con una paura matta gli ho parlato. E ho pensato che non aveva tutti i torti a dire che la giornata era bella e che si potevano anche raccogliere dei fiori. E raccogliendo fiori mi sono un po' rassicurata, anzi ero proprio felice e orgogliosa di me, perché avevo superato la paura del lupo, avevo dimostrato che con la fiducia nel prossimo si ottengono grandi cambiamenti e via dicendo. Ma la sorpresa che mi aspettava dalla nonna tutti la sapete. E poi tutta quella pantomina per divertirsi a prendermi per fessa: "è per vederti meglio... è per sentirti meglio..." tutta una storia, ma poi mi mangiò in sol boccone. E non trovate che il lupo sia stato proprio un falso, cattivo e bugiardo? E non trovate che io, la nonnina e il cacciatore avevamo tutto il diritto di essere arrabbiati e di vendicarci, sì anche uccidendolo? Insomma il lupo, quel lupo, era cattivo e stop.

Ma dicevo che non voglio parlare del passato. Sono tornata dopo tanti anni per parlarvi del presente, di quello che faccio oggi.
Ne hanno dette tante quando ero bambina, ne hanno fatte tante che neanche potete immaginare, vi dico solo che mi hanno messo il cappuccio giallo e poi un'altra volta verde per vedere come mi stava e se cambiavo comportamento influenzata dal colore del mio mantello. Un'altra volta un lupo, tristissimo, si è innamorato di me (ma vi pare? con le esperienze che ho avuto!). E poi tutte quelle analisi psicologiche sul ruolo del lupo, il ruolo del cacciatore, e i personaggi maschili e i personaggi femminili. 
Ma insomma io ho avuto sempre un po' la sensazione che continuassero a farmi passare per fessa.
Ad ogni modo, quando han visto che anche io cominciavo a crescere e che non ero più una bambina hanno cominciato a lasciarci in pace. O meglio, hanno continuato a parlare per conto loro di quello che era successo quel giorno con il lupo nel bosco, ma non sono più venuti a disturbarci.

Ma appunto voglio raccontarvi quello che faccio oggi. Beh, già lo sapete: io insegno. Insomma, sì, ci sono dei bambini che hanno per maestra Cappuccetto Rosso e, no, non lo sanno.
Certo, quando si è parlato delle favole e delle fiabe ho detto che la mia preferita è quella di Cappuccetto Rosso, ma ho spiegato che è perché me la raccontava la nonna. In effetti questa non è neppure una bugia: tante volte con la nonna abbiamo ricordato la nostra avventura!
Insegno già da qualche anno. Non vorrei dirvi quanti anni ho, ma visto che insistete vi dirò che ne ho più di 35 e meno di 40.
So che c'è ancora una cosa di me che volete sapere, ingenuotti che non siete altro, se vado sempre in giro con il cappuccio rosso. Ehi, non vi pare che mi farei notare un po' troppo?! Alla mia età con il mantello e il cappuccio rosso, no non posso più permettermelo. Però amo molto i mantelli e ho avuto, e ho ancora, qualche cappotto rosso. Anzi, questa mia passione per il rosso ha rischiato di smascherarmi: qualche anno fa ero in città con un cappotto di velluto rosso e qualcuno ha gridato “Cappuccetto Rosso!”. Ho fatto finta di nulla, certo è stata un'emozione sentirsi chiamare con quel nome dopo tanti anni. Ma non voglio essere riconosciuta. Vi immaginate che putiferio verrebbe fuori? Vedo già i titoli dei giornali: “Cappuccetto Rosso fa la maestra. La bambina disubbidiente saprà educare i bambini?”, “Esclusivo: anche Cappuccetto Rosso invecchia. Tutte le foto delle prime rughe”, “Dove è e che cosa fa il padre di Cappuccetto Rosso?”.
Insomma comincerebbe una nuova serie di scocciature.
Preferisco restare nascosta e raccontare da me come sono andate avanti le cose.
Come dalla casetta nel bosco sono finita a fare la maestra in una scuola di città. E come, in una scuola di città, ho dato il via alla rivoluzione delle matite.

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